Olimpiadi Letterarie

Dietro la maschera

Gruppo Cuori genere Fan-fiction

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  1. Hindefuns
     
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    “Un prestito, un piccolo prestito per pagare tutti gli altri debiti”. Questo rimuginava in lacrime Mary, panettiera in pensione che finalmente aveva trovato il coraggio di andare in banca e, per la prima volta nella sua vita, chiedere soldi in prestito a qualcuno.
    Ma se si trovava accovacciata a terra con la testa tra le mani, in lacrime, non dipendeva certo dagli impiegati che, comunque, non l'avrebbero aiutata.
    Tre balordi armati di fucili a pompa e tanta, troppa rabbia, urlavano già da dieci minuti che avrebbero ucciso tutti se non gli fossero stati consegnati i soldi.
    Un povero impiegato, scelto a caso per l'ingrato compito, si affannava con mani decisamente tremanti a svuotare la sua e le altre casse. Se solo Mary avesse deciso di andare l'indomani in banca non si sarebbe trovata stesa come tutti gli altri clienti e dipendenti sul freddo pavimento di marmo del vecchio imponente edificio della First National Bank of New York, fissando in lacrime un cartonato raffigurante un sorridente signore in giacca e cravatta che offriva denaro in prestito per realizzare qualsiasi sogno. Iniziò a ripetersi che non ne sarebbe uscita viva. Intanto gli uomini armati si facevano più aggressivi. Uno di loro, apparentemente il capo, prima sparò in aria e poi picchiò col calcio del fucile il direttore che già da subito aveva dichiarato, mani alzate e fronte imperlata di sudore, che la cassaforte era a tempo e non sarebbe stato possibile per nessuno aprirla. Maledetta sfiducia delle banche verso i propri dipendenti.
    Era chiaro che quel giorno i rapinatori avrebbero portato via tutto ciò che potevano da quel luogo, fosse anche la vita di chi li aveva ostacolati o infastiditi.
    Nel cuore di Mary ormai c'era solo terrore. Di speranza ne era rimasto un filo. Sottile, quasi trasparente, proprio come quello di una ragnatela ma che scoprì essere più robusto di quanto avesse mai potuto credere.
    Prima le sembrò solo un'ombra, velocissima, che saltò da parete a parete fino a trovarsi proprio sopra di lei, sul soffitto. Non credeva ai propri occhi. Spiderman le stava facendo, scherzando, il segno del silenzio, portandosi l'indice dove sotto la maschera avrebbe dovuto trovarsi il suo naso. L'eroe era venuto a salvarli. Ancora una volta. Mary non si mosse. Lo guardava impietrita dall'emozione. Quindi con un balzo l'Uomo Ragno atterrò letteralmente sul capo dei delinquenti, lanciando ragnatele sugli altri due. Durò un attimo, non ebbero nemmeno il tempo di alzare e puntare il fucile che già tutti e tre si trovavano bloccati al pavimento legati come salami. “E poi dicono che i veri rapinatori sono dall'altra parte dello sportello”, disse col solito tono umoristico mentre si congedava arrampicandosi platealmente sul soffitto e scomparendo tra le intercapedini in legno della volta.
    Mary si alzò aiutata da un ragazzo che finora, steso accanto a lei, non aveva mostrato segni di vita. “Tutto finito” pensò non riuscendo ancora a controllare il tremolio degli arti. L'allegria generale si unì presto alla naturale urgenza di abbandonare quello che era stato anche se per poco un carcere. Così tutti si affrettavano ad uscire dalla banca, fossero clienti o dipendenti, senza neanche aspettare l'intervento della polizia le cui sirene iniziavano ad udirsi soltanto adesso.
    E nella confusione generale nessuno, a parte la povera panettiera che ancora stava tentando di riprendere il pieno controllo del proprio corpo, si accorse di uno strano movimento. Fu veloce come un lampo. Un filo di ragnatela calò dal soffitto avvinghiandosi ad una delle borse riempite dal povero cassiere e abbandonate sul pavimento proprio davanti la grata dello sportello, quindi la tirò su finché non scomparve fra le travi della volta. Mary non comprese il perché di quel gesto, ma era sicura che un nobile intento si nascondesse dietro quello che commesso da chiunque altro sarebbe stato etichettato come furto. Sorrise ancora grata verso il tetto dell'edificio quindi uscì pensando a come pagare i suoi debiti ora che aveva deciso di non rimettere mai più piede in una banca.
    Nascosto dietro le travi Spiderman si assicurò che nessuno l'avesse visto prendere il denaro, quindi, sempre stringendo in una mano la borsa, saltò fuori dal lucernario aperto. Aveva lasciato il suo zaino con la macchina fotografica ed i vestiti proprio sul tetto, dietro un comignolo. Mentre indossava camicia e pantaloni sul costume, tornando ad essere Peter Parker, giovane fotografo free lance ingaggiato per un evento dall'altra parte della città, si rese conto sbirciando l'orario che non avrebbe mai fatto in tempo. Neanche Spiderman sarebbe riuscito a salvargli il lavoro quella volta. Solo così si consolò per il furto che aveva appena commesso. Non amava farlo, ma doveva pur mangiare, pagare l'affitto e tentare di organizzare un appuntamento con la sua Mary Jane. La verità era che a vent'anni non riusciva a pianificare la sua vita. “Da un grande potere derivano grandi responsabilità”. Essere un eroe significava non avere vita, affetti e orari. E questo finora era riuscito a sopportarlo, ma perdere un altro lavoro significava o andare a vivere sotto un ponte o prendere parte del bottino come ricompensa. Era l'idolo di New York, ma nessuno mai gli aveva proposto uno stipendio o anche soltanto un premio.
    Peter si rese conto di iniziare ad odiare Spiderman. Il senso di onnipotenza che gli davano i suoi poteri non gli donava più la gioia dei primi tempi, complicandogli invece terribilmente la vita.
    Fissando i soldi nella borsa, osservando le sue mani che li maneggiavano e contavano provò disgusto per se stesso e decise lì per lì che avrebbe smesso. A morte l'eroe, viva l'uomo che aveva sempre sognato d'essere.
    Ma scappare in silenzio dalla maschera che tutti amavano e nella quale confidavano, era impossibile così su due piedi. Lo comprese provandoci per un breve periodo ed osservando una città abbandonata a se stessa tentare in tutti i modi di farsi del male. Senza la vigilanza dell'eroe, chi voleva poteva tornare più sicuro che mai a delinquere e tutti gli altri si limitavano a piangere e nascondersi invocando il ragno.
    Peter non voleva più convivere con il suo ingombrante alter ego, ma non poteva neanche osservare impotente la deriva alla quale i suoi concittadini si abbandonavano.
    Non passava sera che dal suo monolocale i sensi del ragno non gli facessero percepire un pericolo nelle vicinanze e il suo istinto gli indicasse la valigia dentro la quale nascondeva il costume rosso e blu. Solo con una grande forza di volontà riusciva ad imporgli di star lì fermo a lavorare al pc per elaborare le foto che finalmente sarebbe riuscito a consegnare all'editore nei tempi pattuiti.
    Peter stava facendo girare finalmente la sua vita. Ma intanto New York urlava in preda al panico il nome dell'eroe. Iniziarono persino alcune campagne d'odio nei suoi confronti, chiamandolo codardo, vile e accusandolo di esser passato al lato oscuro, sfruttando i suoi poteri per delinquere. Altrimenti non si spiegava l'aumento esponenziale dei crimini in così poco tempo. La Grande Mela si era bacata e stava solo aspettando di cadere dall'albero.
    Intanto si vociferava che il Sindaco Giuliani, ormai stanco delle pressioni ed impaurito dalla situazione, avrebbe presto dichiarato lo stato di calamità per la città invocando l'intervento dell'esercito e la legge marziale. La situazione stava degenerando. Barattare la libertà della città che ne ospita proprio il simbolo per contrastare il male era troppo anche per i propositi di Peter. Quando sentì dell'assemblea pubblica convocata davanti al palazzo comunale durante la quale sicuramente il Sindaco avrebbe gettato New York nelle mani dei soldati, decise che Spiderman avrebbe mostrato i muscoli un'ultima volta.
    Così mentre di fronte ad una platea visibilmente preoccupata prendeva la parola Giuliani, un lampo, velocissimo, gli strappò dalle mani il microfono ed iniziò il discorso che cambiò tutto.
    “Buonasera concittadini. Sono il vostro non più amichevole Spiderman di quartiere. Ne per orgoglio, senso del dovere o eroismo sono qui a mostrarmi a voi ancora una volta. Unicamente la rabbia derivata dall'amore che ho nei confronti di questa città mi ha trascinato in piazza tra di voi. L'orrore nell'osservare la vostra deriva.
    Vergognatevi pecore. Inetti incapaci non solo di operare per migliorare ciò che di meraviglioso vi è stato consegnato, ma anche soltanto per mantenerlo com'era. Amebe che si limitano ad osservare la società andare allo sfacelo, capaci unicamente di invocare poteri superiori, scaricando così ogni responsabilità su di loro. Vi do una notizia: Spiderman non esiste. Gli eroi non esistono. Dio non esiste. O comunque non si preoccupano più di voi. Inutile rifuggire la realtà rifugiandosi nella speranza che qualcuno faccia qualcosa per voi, se voi per primi non fate qualcosa per voi stessi. Altrimenti lasciate che ogni delinquente operi al meglio delle sue capacità per radere al suolo questa città corrotta dall'uso della speranza come unica arma. Invece di unire le mani in preghiera usatele per togliere il coltello dalle mani del ragazzo che lo userà contro un suo coetaneo. Difendetevi, difendete i vostri vicini. E costruite, proponete, siate voi il vostro eroe. Non servono candele accese, ma cuori incendiati. Vi lascio la città in dono amici newyorchesi, non fatevela scippare. siate tutti insieme il suo Spiderman”.
    E detto ciò il microfono avvolto in una maschera rossa e blu piombò a terra con un tonfo enormemente amplificato dalle casse che circondavano la piazza lasciandola in un silenzio irreale.
    I giorni a seguire passarono come in un limbo dantesco. Certo qualcuno si scagliò pesantemente verso Spiderman additandolo a nuovo nemico pubblico, ma la maggior parte della gente preferì non pronunciarsi e riflettere. Il sindaco sospese la decisione di consegnare ai militari la città ma i problemi continuarono. Finché poco tempo dopo iniziò qualcosa di incredibile.
    Al liceo Martin Luther King dell'East Side, il solito bullo ripetente, stava picchiando per l'ennesima volta un povero nerd del primo anno quando un suo compagno prima e poi, come un'onda, praticamente tutta la scuola gli si pararono davanti bloccandolo. Contemporaneamente uno scippatore nel West Side stava strappando la borsetta ad una povera ex panettiera che aveva appena ritirato la misera pensione. L'uomo non riuscì a percorrere neanche cento metri perché fu braccato da tutti coloro che assistettero al fatto in quella che sarebbe sembrata, a chi avesse guardato distrattamente, una maratona di New York fuori stagione.
    Intanto, in un bistrot del Village, un emozionatissimo Peter Parker spostava galantemente la sedia per far accomodare la bellissima Mary Jane Watson.
    Il futuro si prospettava radioso.
     
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  3. Fabrizia
     
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    Mi piace l'insegnamento che si cela dietro a questo racconto, infatti non occorrerebbe un supereroe a salvare la gente se le persone si aiutassero e si proteggessero tra loro, e questo pare che infine i cittadini imparino a fare. Nel complesso mi è piaciuto, solo in alcuni tratti mi pare che ti sia "inciampato", ma potrei anche essermi sbagliata. Comunque sia bel racconto e poi, a chi non piace Spiderman?
     
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  4. Mioalterego
     
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    mi è piaciuto molto. bravo... ma poi i soldi della banca, li ha restituiti?
     
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    Molto, molto, carino! Mi è piaciuto tanto, sia per il messaggio di base come per lo stile. Mi associo alla domanda di Mioalterego!
     
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  6. Blacksteam
     
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    Una visione dell'uomo ragno diversa, quasi si riesce a comprendere il finale che ci starebbe anche. Poi che alla fine la gente abbia capito è un gran insegnamento.
     
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5 replies since 20/9/2017, 08:14   79 views
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