Olimpiadi Letterarie

Il dubbio

GIRONE PICCHE - GENERE NOIR

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  1. Mari.q
     
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    Mi sveglio come se uscissi da un coma.
    Sbatto le palpebre più volte per mettere a fuoco qualcosa. Intorno c’è solo buio, silenzio e un freddo cane. Stringo addosso la giacca logora e mi alzo dalla panchina su cui mi ero addormentato. “Cristo santo! Devo aver bevuto troppo anche stanotte”. Un dubbio mi assale, mi tocco la tasca posteriore dei pantaloni “oh, meno male non mi hanno rapinato! Ma che dico: chi cazzo mi rapinerebbe in questo paesino sperduto in mezzo ai monti! Ci sono solo capre, mucche e quattro famiglie di contadinotti”. Rido di me stesso e mi dirigo verso casa. L’umidità della notte mi penetra fino alle ossa, alzo il bavero della giacca come se potesse impedirlo. Appena entro in casa, mi accoglie il calore del camino acceso, e il gelo dello sguardo di mio fratello, il mio perfetto gemello. ”Mario fa sempre la cosa giusta, non come te” diceva sempre la mamma. Ghigno sarcastico a quel ricordo triste e mi preparo al sermone.
    - Dove sei stato? Ero in pensiero!
    - In giro, ho bevuto un po’ e devo essermi addormentato. Non ricordo un cazzo.
    Sghignazzo nel vedere la sua faccia sdegnata.
    - Va’ a farti una doccia, sei indecente. Possibile che non cresci mai? Dovresti trovarti un lavoro e non stare in giro fino alle tre del mattino e rientrare ubriaco tutte le sere!
    - Risparmiati la predica per i tuoi fedeli, io non ne ho voglia. Sei stato tu a volermi confinare con te in questo paese che puzza di sterco di vacca.
    Per sfuggire alla filippica del buon Don Marco, mi dirigo in camera quando suona il campanello.
    - Chi diamine sarà a quest’ora? - borbotta mentre va ad aprire. Nunzio, un ometto piccolo e paffuto con le mani ruvide dal lavoro, sbuffa una fumata di gelo.
    - Scusi l’ora Signor Parroco, ma è successa una cosa terribile! – dice tremando.
    - Di che si tratta?
    - Lucia, la figlia di mio cugino – s’interrompe preso dai singhiozzi.
    - Ebbene?
    - È stata assassinata!
    Le sue spalle vengono scosse da un pianto disperato.
    - Come assassinata! Ha fatto le prove del coro con noi fino alle undici e mezza e poi è andata a casa con sua madre.
    - Le dico che l’hanno sgozzata come un vitello, mi deve credere: non ho mai visto nulla del genere.
    - Avete chiamato la polizia?
    - Sì, sono già arrivati, ma io vorrei che venisse ad aiutare la madre, è distrutta dal dolore e ha bisogno di supporto. Mi dispiace averla svegliata a quest’or… ma non l’ho svegliata, vero? – dice notando che entrambi eravamo ancora vestiti.
    - Arrivo subito, Nunzio. – Lo congeda e richiude la porta. Si rivolge poi a me con tono accusatorio:
    - Tu non ne sai niente, vero?
    - Ma che dici? Conosco appena quella ragazzina! Non ho mai fatto caso alle sue treccine e alla sua aria spensierata.
    - Gino! Non fare battute fuori luogo! Ti ho visto come la guardavi in chiesa.
    - Non ho fatto nulla, te lo posso giurare! – gli urlo in faccia con più sicurezza di quella che ho. La mente è ancora confusa, non ho ricordi di questa notte e un dubbio si insinua nella mente, lui lo nota.
    - Ascolta, vai a farti la doccia, infilati a letto e dormi. Io vado a vedere la situazione. Non parlare con nessuno. Se viene la polizia non dire nulla; se sospettassero di te, questa volta non riuscirei a toglierti dai guai.
    Esce di corsa infilandosi il pesante cappotto, e io resto solo a tormentarmi con i pensieri più cupi.
    Mi spoglio cercando dei segni rivelatori, ma non sono sporco di sangue, non ho ferite o graffi che possano indicare qualche lotta, niente di niente! Sollevato, mi godo l’acqua calda che scorre sul corpo mentre la mente torna, come ogni notte, su quel viso angelico che ho deturpato dieci anni fa. Non avrei voluto farlo, lei era così bella, ma non mi voleva e io sono come impazzito. L’ho presa con la forza. Non ne vado fiero, ma mi ha provocato, con le sue moine e le sue gonne corte. Stringo i pugni mentre il mio corpo si eccita al solo ricordo di quelle gambe nude e aperte sotto di me. Se non avesse strillato tanto… probabilmente non l’avrei uccisa, ma mi ha fatto perdere il senno, si dibatteva, urlava e io ero fuori controllo. Era stato un episodio isolato. Sì, le ragazzine mi eccitano sempre, ma non ne ho mai più toccata una da allora, se non nelle mie fantasie. Ho imparato a controllare gli istinti più bassi e a sfogarli senza fare del male a nessuno. Mi butto nel letto ancora con l’accappatoio addosso e mi lascio andare: sono sfinito.
    La prima cosa che vedo appena apro gli occhi è il viso pallido e sconvolto di Marco: mi sta parlando ma non lo capisco. Sbatto le palpebre per abituare gli occhi alla luce e un dolore lancinante mi trafigge le tempie. Mi metto seduto.
    - Vai a vestirti, la polizia vuole interrogarti.
    - Che c’entro io?
    - Non lo so, ma non dire nulla. Aspetta l’avvocato: l’ho già avvertito, arriverà alla caserma tra un po’.
    Resto in stato catatonico per qualche istante e Marco mi scuote per le spalle.
    - Ok, mi vesto. Ma non ho fatto nulla, te lo posso giurare!
    Nel suo sguardo cerco conforto, ma trovo il dubbio: è come ricevere un pugno allo stomaco.
    Mi portano alla centrale di polizia ammanettato e mi mettono in un ufficio spoglio e gelido. Dopo un tempo che mi sembra interminabile entra l’avvocato.
    - Buongiorno, sono l’avvocato Blasi.
    - Cosa sta succedendo?
    - Succede che lei è accusato dell’omicidio di Lucia Fiore. Conosceva la vittima?
    - L’ho vista qualche volta in chiesa.
    - Ha mai avuto rapporti con lei? Di qualunque natura?
    - L’avrò salutata un paio di volte.
    - Sicuro?
    - Nella maniera più assoluta.
    - Allora non avrà problemi. Hanno trovato del liquido seminale sul corpo della ragazza e lo analizzeranno. Se lei non ha avuto rapporti può stare sereno, verrà scagionato. Ma c’è una cosa che dovrebbe spiegarmi: come c’è finito il sangue della ragazza nel suo bagno e sui vestiti che abbiamo trovato in un cassonetto vicino a casa sua? Non ci vorrà molto a provare se appartengono a lei.
    - Non capisco, sangue? In casa mia? Ma io non l’ho nemmeno toccata, lo giuro.
    - Da quanto ricostruito dalla polizia, lei avrebbe violentato e ucciso la ragazza, la modalità è fin troppo simile al crimine che ha compiuto dieci anni fa, si sarebbe poi sbarazzato degli abiti insanguinati e sarebbe corso a casa a lavare le tracce di sangue rimaste sulle mani.
    - Sono solo illazioni.
    - Se il DNA del liquido seminale confermerà che non le appartiene sarà libero. Ci vorranno un paio di settimane, per i risultati, temo che nel frattempo dovrà restare in carcere.
    Sbatto i pugni sul tavolo, e di nuovo la paura di aver fatto quello di cui sono accusato si impossessa di me. L’avvocato legge questa paura sul mio viso e aggiunge:
    - Se invece decidesse di confessare, immagino potremmo fare una sorta di patteggiamento, magari la pena risulterà meno severa.
    - Io non ho fatto nulla! – Gli urlo in faccia. - Ma ero ubriaco e non ho un ricordo nitido della notte scorsa.
    - Come temevo. Comunque: non perdiamoci d’animo. Aspettiamo gli esiti degli esami e poi decideremo la strategia. Nel frattempo sarà più al sicuro in prigione, la gente del paese è inferocita, l’hanno già bollata come pedofilo e assassino.
    - Contadinotti del cazzo, non mi hanno mai accettato nel loro villaggio medioevale di merda!
    - Immagino sia stata dura, ma l’aspetta un processo pesante, le accuse sono molto gravi e spero proprio che abbia detto la verità, altrimenti non avremmo nessuna possibilità di cavarcela.
    - Glielo ripeto: non ho fatto niente.
    - Ci vediamo appena abbiamo le analisi. Arrivederci.
    Non aspetta nemmeno che risponda e mi lascia solo con i dubbi e le paure. “Se fossi stato io? Possibile non ricordare una cosa del genere? Si può rimuovere una tragedia tanto grande? Ero talmente ubriaco che potrei, forse, aver ceduto ai miei istinti!
    La cella d’isolamento mi sta uccidendo, è fredda e umida e puzza di fogna e muffa. Credo che preferirei il linciaggio che passare del tempo qui dentro, ma non ho scelta: mi hanno confinato qui per la mia incolumità, hanno detto, che ipocrisia! Leggo negli sguardi la voglia di uccidermi con le loro stesse mani, mi guardano come se fossi un mostro, ma lo sono poi davvero? Comincio a dubitare di me stesso, le mie certezze non sono più così salde e darei tutto quello che ho per un bicchiere di liquore e una sigaretta.
    Ho perso la cognizione del tempo, mi sembra di essere rinchiuso qui da settimane, o da mesi… non saprei: se avessi un coltello o qualcosa di appuntito, mi sarei già ucciso!
    Si spalanca la porta della cella, accecandomi. Mi portano di nuovo nella stanza spoglia di quando mi hanno arrestato.
    - Abbiamo i risultai del DNA, dice non senza un guizzo di soddisfazione il poliziotto, mentre mi butta sulla sedia senza troppe cerimonie.
    - Allora sono libero?
    - Ahahah, che faccia tosta! Il DNA combacia con il tuo: sei spacciato pervertito del cazzo.
    Le tempie mi pulsano e l’ultima frase mi riecheggia nella testa in un loop infinito. Mi accascio sulla sedia. Allora l’ho fatto davvero! Sono spacciato e non merito di vivere, mi guardo intorno alla ricerca di qualcosa che possa mettere fine alla mia vita, ma non c’è nulla. Con disperazione vedo il poliziotto che mi fissa con disprezzo, felice della mia brutta fine.
    Il processo, la sentenza, il trasferimento al carcere di massima sicurezza: solo flash, nessun ricordo effettivo, come se non stesse succedendo a me. Sono morto dentro e vivo solo perché il sangue continua a scorrere e perché i polmoni non smettono di aspirare l'aria.

    ***



    Ho smesso di mangiare, sono ridotto pelle e ossa. Mi hanno portato in ospedale e mi tengono in vita con delle flebo, ma gli organi stanno finalmente cedendo. Mi concedono un’ultima visita di mio fratello. Dal suo sguardo capisco che le mie condizioni sono critiche, devo avere un aspetto orribile.
    - Potrai mai perdonarmi? Sono tutto quello contro tu combatti ogni giorno: sono il Male.
    - Non parlare, sei troppo debole. Stai per morire, vorrei alleviarti il viaggio. Ti darò l’estrema unzione così da purificare la tua anima e poter avere accesso al Regno di Dio.
    Se non fossi così debilitato, credo che riderei. Un assassino come me in paradiso! Che assurdità.
    - Hai già espiato le tue colpe qui sulla terra, vedrai che Dio sarà clemente. E poi, questo crimine per cui stai pagando con la vita, non l’hai commesso tu.
    Sbarro gli occhi, non capisco. Le prove sono tutte contro di me, gli abiti erano i miei, il DNA il mio… un momento, il DNA? Cazzo, ma come ho fatto a non pensarci!
    - Sei stato tu?
    Sento la sua mano tapparmi la bocca per farmi tacere, poi spostarsi sul naso, infine il buio.
     
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