Olimpiadi Letterarie

Semesis

Gruppo Fiori- fantascienza

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  1. MyaMcKenzie
     
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    Non avrei mai pensato di morire in questo modo atroce. È terribile, non tanto per la violenza dell’atto in sé, quanto per l’attesa a cui sono costretta. L’avverto con ogni fibra del mio essere, con ogni senso che mi è stato donato. Sento il vento allungare le sue propaggini verso i miei capelli, scompigliandoli come fossero steli di grano; percepisco l’elettricità dell’aria che, come la carezza di un amante, risveglia la mia pelle rendendola recettiva come mai prima d’ora; percepisco un tanfo di zolfo che mi strina le vibrisse e scende giù, in fondo alla gola, lasciandola irritata e dolente. Odo un rombo spaventoso, che mi sconquassa nel profondo e che s’insinua dentro, accartocciandomi lo stomaco. È un suono pulsante, l’alito di vita di quel mostro che sta per portarsi via il mio e quello della mia famiglia. Mi riempie le orecchie e s’intrufola nei pensieri, impedendomi di riflettere. Sono tentata di chiudere gli occhi, ma so che non servirebbe a nulla, perciò stringo forte la mano di mio nipote e guardo dritto davanti a me, finché la luce azzurra che ho alle spalle non invade ogni cosa.


    Non avrei mai pensato di poter raggiungere il paradiso. È sorprendente, non tanto perché abbia avuto una condotta di vita disdicevole, quanto piuttosto per lo scetticismo con cui ho sempre affrontato i temi religiosi. Non sono credente, non ho mai nemmeno sentito il bisogno di affidarmi a un’entità superiore. Eppure ora mi trovo al cospetto di una creatura celeste, così diversa dalla nostra concezione di divinità da lasciarmi esterrefatta. Anche il luogo in cui mi trovo è del tutto diverso da come me lo sarei aspettata. C’è una luce azzurrognola, questo sì, ma nemmeno l’ombra di pascoli verdi o ruscelli d’acqua fresca. Ci sono solo sabbia e rocce, un deserto inospitale che, a pensarci bene, sembra più un purgatorio che la terra promessa.
    Mi vengono in mente le storie che mi raccontavano da bambina sul giudizio universale. Però dinnanzi a me non vedo un cavaliere agguerrito, bensì un individuo pacifico, etereo, composto. Ha sembianze umane, ma è oblungo: sarà alto almeno due metri e mezzo ed è sottile come un filo d’erba. Non ha grandi ali bianche, né regge una delle sette coppe dell’apocalisse. Indossa una tunica che arriva ai piedi e ha una capigliatura che mi ricorda tanto gli anni ‘80, quando andavano di moda i dreadlock. Non ha un’aria minacciosa, ma di certo ha un cipiglio severo, uno sguardo che intimidisce e, che su di me, ottiene l’effetto voluto. Me ne resto seduta, in silenzio, ad attendere una sua parola, accanto ad altre sei persone che non conosco. Anche loro sembrano disorientate, smarrite, si guardano attorno incredule.
    «Benvenuti a Semesis. Io sono Yanazh.» Esordisce impettito, senza il minimo accenno di sorriso.
    «Che razza di scherzo è questo?» Protesta il mio vicino, un macho tatuato e pieno di piercing. È ridicolo con quella tunica addosso ma, in sua difesa, devo ammettere che nessuno di noi sembra credibile con queste vesti addosso.
    «Siete stati trasportati su questo mondo durante la collisione tra il vostro pianeta e il nostro.»
    «È impossibile.» Intervengo, cercando di acquietare gli animi. «Ho studiato fisica al liceo e ho un cognato che sa tutto di stelle e universo. Quindi posso affermare con certezza che nessuna legge può avvallare questa teoria. Quando quel coso enorme si è scagliato su di noi, la Terra si è semplicemente polverizzata. Ha fatto boom, crash, kaput.»
    «Eppure eccovi qui. Come lo spieghi?»
    «Dev’essere una specie di sogno o qualche strascico della mia coscienza ormai distrutta.»
    «Un’allucinazione condivisa? È Improbabile.» Commenta. «Vuoi sentire la mia versione, invece?»
    Scrollo le spalle, diffidente, ma curiosa come un furetto.
    «Poco prima dell’esplosione, la Terra è stata investita dalla nostra atmosfera, ricca di un particolare gas che sta alla base della nostra esistenza. Questo componente, combinato con uno specifico gene della vostra razza, ha permesso una sorta di scomposizione cellulare dei vostri corpi. Sorvolando sulle tecnologie usate, possiamo semplicemente affermare che siete stati “aspirati” sulle nostre astronavi prima che lo scontro mettesse fine all’esistenza del vostro pianeta.»
    «Aspirati. Ci prendi per il culo?» Domanda strafottente quel troglodita che pensa di essere il nostro capo. «E perché l’avreste fatto?»
    «Per salvarvi.»
    «Cosa abbiamo di tanto speciale da interessare a voi alieni, sentiamo!» Sbraita ancora.
    «Non siete gli unici a essere stati prelevati. In migliaia siete giunti fin qui.»
    «Soltanto?» Domando, in ansia per la sorte di chi mi sta a cuore. «E gli altri, che fine hanno fatto?»
    «Purtroppo non sono sopravvissuti.»
    «E con che criterio ci avete scelto?» Chiedo sentendomi terribilmente in colpa.
    «Voi la chiamate evoluzione della specie.» Risponde con aria stanca. «Diverse migliaia di anni fa, siamo atterrati sul vostro pianeta. All’epoca eravate troppo primitivi per poter interagire con noi, ma abbiamo visto le vostre potenzialità e abbiamo deciso di darvi una chance. Il gene XS34-B, che vi ha permesso di arrivare su Semesis, fa parte del nostro genoma.»
    Non riesco a trattenere le lacrime. Il dolore che provo per la perdita di mia sorella e suo figlio è mitigata dal sollievo di essere stata inclusa tra i prescelti. Eppure non riesco a smettere di tremare. Già mi mancano. Posso persino vedere il cipiglio contrariato di Justine mentre si chiede perché proprio a me sia stata concessa questa seconda occasione.
    Mi gira la testa e ho il voltastomaco, eppure non mi sentivo così viva da molto, troppo, tempo. Ho voglia di alzare le braccia al cielo, di gridare e di far uscire tutte quelle emozioni che mi sono montate dentro negli ultimi cinque minuti.
    Non assecondo il mio istinto, ma prendo una boccata d’aria e mi riempio i polmoni. Non so come sia potuto succedere, ancora molti dettagli mi sono oscuri, ma spero di avere il tempo di scoprire ogni cosa.
    Dato che il nostro ospite sembra molto disponibile, gli pongo la prima delle centinaia di domande che mi frullano per la testa.
    «Come mai parliamo la stessa lingua?» Azzardo.
    «Vi abbiamo installato nella nuca un dispositivo capace di analizzare le vibrazioni che emettiamo e di tradurle nella lingua madre di ognuno di voi.»
    «Perché vi siete presi questo disturbo? Perché salvare proprio noi?»
    «Non possiamo ancora controllare il moto del nostro pianeta e non abbiamo i mezzi per evitare l’impatto con gli altri di cui incrociamo il cammino. Però abbiamo raggiunto un livello di tecnologia tale che ci è possibile viaggiare tra le galassie e salvare quelle civiltà che riteniamo possano sopravvivere anche qui.»
    «Perché lo fate? Voglio dire… immagino abbiate risorse limitate, come riuscite a farvi carico anche del destino delle creature di altri mondi?»
    «Il nostro pianeta è grande abbastanza per tutti. Da molto tempo ormai, abbiamo scoperto come vivere in equilibrio con esso, rispettando le sue esigenze e le nostre.»
    «E non avete timore che gli stranieri rovinino la vostra equazione perfetta? Non c’è invidia, ostilità o cupidigia in coloro che accogliete?»
    «No. Siamo una popolazione eterogenea, questo è vero, ma ogni clan rispetta l’altro e convive in pace. È passato così tanto tempo dall’ultimo crimine commesso che non ricordiamo nemmeno più il termine per indicarlo.»
    «E quante civiltà sono riunite su Semesis?»
    «Ventitré, se escludiamo la vostra.»
    È impressionante. Noi non riuscivamo a far andar d’accordo nemmeno 2 dottrine della stessa religione, figurarsi far convivere ventiquattro popoli diversi. Sono curiosa di capire come questa promiscuità possa funzionare perciò, quando Yanazh ci invita a seguirlo, m’incammino dietro di lui senza fare storie.
    Avanziamo lungo questo mare di sabbia fine. Camminare è più semplice rispetto a quando lo facevamo sulla Terra, mentre respirare è un po’ più difficoltoso. Il nostro incedere è titubante per via della reazione del nostro corpo a questa insolita gravità. Mi gira un po’ la testa, ma riesco a procedere senza tanti intoppi.
    Appena posso sollevo lo sguardo verso il cielo. Dovrebbe essere lo stesso, eppure non lo riconosco. Vedo costellazioni sconosciute e mi sembra che la stella polare sia scomparsa. Ci vorrebbe mio cognato per comprenderne i motivi, ma immagino sia dovuta alla diversa inclinazione dell’asse di Semesis. Non so più dove sono, mi sento disorientata, spero di aver modo di scoprire qualcosa al più presto.
    Seguiamo in silenzio il nostro cicerone verso una collinetta brulla quanto il deserto in cui siamo capitati. In lontananza scorgo alcuni gruppetti convogliare verso lo stesso punto, altri pochi eletti a cui è stato fatto un regalo inaspettato. Li guardo procedere, ognuno con lo sguardo fisso verso la sommità, come se dietro quel rilievo ci fosse una specie di terra promessa. Io sono ancora scettica al riguardo, ma mi adeguo a questo peregrinare con la speranza che tutto questo non sia soltanto un sogno.


    Non avrei mai pensato che nell’universo esistesse una civiltà così evoluta. Non tanto perché reputassi la specie umana superiore a qualsiasi altra, quanto piuttosto perché non avevo mai preso in considerazione l’idea che potesse esistere qualcun altro all’infuori di noi. Dinnanzi a me c’è la prova di quanto fossi in errore. Semesis-1 è una megalopoli così armoniosa e sensuale da lasciarmi senza fiato.
    Costruzioni di ogni genere si stagliano all’orizzonte in un miscuglio ben amalgamato. Sembra quasi che ognuna delle civiltà approdate qui abbia contribuito con le proprie conoscenze ad ampliare e arricchire questa città. Posso scorgere forme tondeggianti che si librano nell’etere come leggiadre bolle di sapone; pinnacoli dritti e acuminati che infilzano le nuvole; torri che si attorcigliano l’una sull’altra come le eliche di una sequenza di DNA; mezzi di trasporto silenziosi e a zero immissioni, che si muovono nelle 3 dimensioni in modo lento e ordinato.
    Non ho mai visto niente di più spettacolare.
    E, a giudicare dalla reazione degli altri superstiti, sembra che anche loro ne siano rimasti impressionati. Soprattutto il troglodita. Nei suoi occhi serpeggia un balenio che conosco bene. È il demone della cupidigia, è la smania di potere, è il mostro che ha avvelenato l’anima di noi umani e che è pronto a infettare anche questo luogo. Forse sono paranoica, ma non mi fido di lui, perciò mi accerterò che venga tenuto sotto stretto controllo.


    Non avrei mai pensato di morire ammazzata, non dopo essere sopravvissuta all’apocalisse. Credevo mi sarei spenta in un letto comodo e profumato, invece, dopo tanti anni, mi ritrovo ancora una volta in mezzo a faide e guerriglie. Mi domando se, alla luce di quanto successo, Yanazh si sia pentito di averci salvato. Sono mortificata e, fissando per l’ultima volta i suoi occhi senza vita, chiedo perdono per il più grande scempio che la mia specie abbia mai perpetrato.
     
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    complicatrice

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  3. Giovievan
     
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    Sai cosa? Quando sono arrivata all'ultimo paragrafo avevo dimenticato com'era cominciata la storia, quindi sono rimasta di sasso, non tanto per il finale quanto per aver realizzato che non poteva finire altrimenti. Ho apprezzato anche le spiegazioni scientifiche, inserite con coerenza senza sembrare spiegoni. Mi è piaciuto molto, brava Mya!
     
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  4. Befana Profana
     
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    Non ti sei solo ispirata della foto finale, hai scritto il seguito di Melancholia. Per un po' ho pensato a un seguito di speranza, invece, giustamente, si conclude con il pessimismo razionale e inguaribile di Lars Von Trier: gli uomini sono fatti di male. Bello, mi è piaciuto molto.
     
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  5. MyaMcKenzie
     
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    Grazie Girls. Non avrei mai pensato di poter scrivere questo genere. Credo sia secondo soltanto al fantasy.
    Sono contenta vi sia piaciuto, quando ho letto il primo postato ho pensato di non aver centrato abbastanza il genere.
    Incrocio le dita.

    Gio, adesso vado a leggere per bene il tuo :*
     
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    Non sono un'amante di fantascienza però ho letto il tuo racconto con il fiato sospeso. Ben scritto e con un finale che colpisce anche se in fondo, forse, lo si può sospettare. Mi è piaciuto molto! Brava Maya! In bocca al lupo!
     
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5 replies since 20/9/2017, 22:40   58 views
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