Olimpiadi Letterarie

La città de Il Dilemma

2 - Aima - distopico/dilemma

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  1. Aima
     
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    La città de Il Dilemma



    Quella mattina iniziò male: sebbene fosse un giorno importante l’unica cosa che desideravo era starmene sotto le coperte. Di malavoglia scesi di sotto e, come tutti i giorni, passai il dito sul rilevatore all’ingresso della cucina; un microscopico ago ne uscì per assaggiare il mio sangue.
    Ti prego, ti prego. Sul display comparve: dieta vegana.
    Dovetti ricredermi: la giornata iniziava malissimo. Le papille gustative di quel maledetto sensore mi odiavano: era tempo ormai che non mi concedeva una bistecca o una fetta di torta con la panna.
    - Buongiorno. Dieta anche oggi?
    Mia sorella mi superò ghignando, posò il dito sul rilevatore e comparve dieta mediterranea. Mi lanciò un’occhiata divertita mentre ritirava il suo vassoio con brioches, cappuccino e yogurt.
    Ormai quel rilevatore non era soltanto il mio più acerrimo nemico, ma un oracolo. Se il cibo che mi assegnava era insapore la giornata sarebbe stata un disastro e ultimamente le dolcezze della vita, così come della dieta, non mi erano concesse.

    Quella mattina, come tutti gli altri diciassettenni della città, avrei dovuto affrontare la prova più importante della mia vita: Il Dilemma. Consisteva in un quesito da risolvere nell’arco di una notte; sulla base della risposta data veniva assegnato un ruolo nella società. In rari casi qualcuno veniva esiliato, oltre le alte mura azzurre, costruite per proteggerci da chissà che cosa. Sapevo solo che gli anziani raccontavano di un tempo in cui non esisteva la città, il clima era crudele, il cibo scarseggiava e il cannibalismo era pratica comune. Ma ora, grazie a Il Dilemma, le mansioni venivano adeguatamente distribuite e la società prosperava all’interno delle alte mura azzurre.

    Sarò sincero: in quel momento mi affliggeva di più la galletta con marmellata senza zucchero, che stavo inzuppando nella tisana disintossicante, rispetto al destino della mia vita.
    Fu solo quando mi trovai nelle tenebre della fredda sala del dilemma che iniziai a preoccuparmi, specialmente quando dal buio apparve un’enorme sfinge luminosa.
    - Questo è il tuo dilemma...
    Ero pronto: sarebbe stato un intricato indovinello, un trabocchetto, magari pure recitato in rima. Mi concentrai. Poi la voce tuonò.
    - Tu, chi sei?
    Buio, la porta si aprì, un uomo mi intimò di uscire.
    Tutto qua? I miei neuroni, un attimo prima pronti a combattere, si afflosciarono delusi. Non era un enigma, o un quesito, ma qualcosa di più ambiguo: un dilemma, appunto. Qual era la risposta corretta? Non ne avevo idea.

    Vagai per la città sconfitto, pagai un bambino perché mi comprasse un frappè al cioccolato, sperando che nessuno dei grandi occhi che ci controllavano l’avrebbe ritenuto un crimine.
    Poi finalmente un’idea. Il sole stava calando quando presi a correre alla massima velocità consentita dal mio stomaco pieno, mi fermai vicino a una siepe, vomitai, e continuai a correre. Quando raggiunsi le alte mura il cielo rosso conferiva alla superficie una tonalità rosata. Non mi ero mai reso conto di quanto fossero alte e ora che le avevo davanti capii perché erano azzurre: per confondersi con il cielo e sembrare meno opprimenti. La superficie era liscia, non c’era modo di scavalcarle. Affranto mi accasciai contro il muro. Fu allora che sentii un clack, rotolai sulla schiena e mi ritrovai… fuori!
    Dovevo aver innescato involontariamente un passaggio segreto, credevo succedesse solo nei film. Avevo appena iniziato a rendermi conto dell’ampio paesaggio che si stagliava di fronte ai miei occhi increduli, quando sentii un sibilo, una puntura sul collo e svenni.

    Mi svegliai circondato da una ventina di persone vestite in modo variopinto, che mi minacciavano con dei bastoni alla cui estremità era legata una punta lucente.
    - Chi sei tu?
    Oh no, anche qui? Mi intimarono di rispondere premendo le punte contro la gola, e in quella condizione riuscii solo a farfugliare in preda al panico.
    - Il dilemma! La risposta… sapere chi sono.
    A quelle parole un uomo anziano e barbuto si fece avanti.
    - Lasciatelo. - e poi rivolgendosi a me - Vieni, seguimi.

    Il buio era quasi totale, attraversammo un villaggio immerso in una foresta rigogliosa: c’erano famiglie che rosolavano arrosticini sul fuoco, ragazzi che distribuivano caramelle ai bambini. Non avevo mai visto nulla del genere, sentivo già la salivazione aumentare. Se era questo ciò da cui dovevamo essere protetti sicuramente io non ne avevo bisogno.

    - Benvenuto a La Certezza. Pensavi di essere il primo a venirci a chiedere aiuto?
    - Veramente io…
    - Molti non hanno trovato risposta al loro dilemma, qualcuno ha affrontato la sfinge ed è stato cacciato mentre altri, come te, sono fuggiti con il favore delle tenebre. Ma non tutti sono stati così fortunati.

    Per tutta la notte mi raccontò gli inganni della città. Diceva che Il Dilemma manteneva l’ordine reprimendo ogni estro creativo negli individui. Faceva credere di aver eliminato il cannibalismo, ma la verità era che i sovversivi venivano fatti sparire e usati per creare alimenti “vegani”. Poi mi disse del cibo dietetico: era la loro arma più preziosa, te lo assegnavano quando avevano bisogno di abbattere il tuo animo. Io conoscevo bene la potenza di quello strategia.
    Le persone potenzialmente pericolose venivano identificate con la prova del Il Dilemma ed espulse. Così, a poco a poco, fuori dalle mura si era formata una città parallela, in cui le persone potevano vivere libere, senza dover decidere a diciassette anni chi volevano essere per il resto della vita e, cosa più importante, senza che nessuno gli dicesse cosa mangiare.

    - Ora che sai, quale sarà la tua decisione?
    - Tornerò alla città de Il Dilemma.
    - Così sia. - Il vecchio abbassò lo sguardo.
    Sapevo esattamente cosa dovevo fare. Il vecchio forse lesse nel mio sguardo una traccia di quella determinazione, perché disse:
    - Prima di partire prendi questo. - Mi aprì la mano e vi pose una delle punte lucenti con cui ero stato minacciato qualche ora prima, poi, con dolcezza, me la richiuse. - Ti porterà fortuna.
    Lasciai La Certezza all’alba, ritornai dentro le alte mura azzurre, e andai ad affrontare la sfinge, questa volta con fermezza.
    Il buio della sala mi avvolse ancora una volta, ma le gambe non tremavano, il respiro era calmo.
    - Allora, sai dirmi tu chi sei?
    - Io sono colui che ti distruggerà.
    Afferrai l’oggetto che mi aveva dato il vecchio e solo in quel momento mi accorsi che si trattava di un coltello da Grana Padano. Scagliai l’arma contro il gigantesco ologramma, che tremò un istante prima di frantumarsi.

    Pensavo di riuscire a scappare, invece fui subito catturato. La corte fu clemente nel giudicare quel mio gesto spregiudicato: decisero di non giustiziarmi e mi assegnarono ai lavori forzati.
    - Buongiorno signora, cosa desidera?
    - Vorrei un hamburger di quinoa, senza salse e con pane non lievitato.
    - Prego, posi il dito sul rilevatore.
    La signora sfiorò l’oracolo e si accese una luce verde.
    - La sua ordinazione arriva subito.
    Mentre preparavo il panino guardai fuori dalla finestra: da lì potevo ammirare le alte mura azzurre, immaginare tutto il buon cibo che stavano gustando a La Certezza, e consolarmi pensando che avrei potuto essere io quello stretto tra due fette di pane non lievitato.
     
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  2. Andrea2890
     
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    L'idea è originale e la prosa è più che buona. L'unico problema è che, salvo parzialmente il finale, non fa particolarmente ridere. Anzi, il contesto mi sembra più angosciante che divertente. Ma, magari, sono stato io a non averne colto la vena ironica.
    Comunque, mi è piaciuto. ;)
     
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  3. Achillu
     
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    Ciao Aima.

    Mi sono perso nei meandri di Certezza e Dilemma e delle scelte del tuo protagonista. Probabilmente hai dovuto comprimere alcune parti per rispettare il numero di caratteri, o più probabilmente è un problema mio. Piaciuto moltissimo l'ambiente che hai creato.
     
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  4. Iena Plinsken
     
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    Buona la storia e buona la scrittura. La struttura del brano può rivelarsi un'arma a doppio taglio. Personalmente non mi dispiace, ma i mini-paragrafi potrebbero risultare un po' frammentari. Ovviamente ciò è dovuto al susseguirsi di eventi e al poco spazio disponibile per narrarli.
    Considerando questo limite, a mio avviso la storia c'e tutta, anche se alcuni passaggi risultano troppo repentini. Comunque rimane una buona prova.
     
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  5. Salvatore Russotto
     
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    Il tema e il genere ci sono, credo che manchi un po' l'ironia. La storia è bella e meriterebbe di essere ampliata, anche per te il limite dei caratteri ha lasciato il segno.
     
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  6. Eudes
     
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    Concordo con il collega qua sopra: di ironia non ne vista molta, però l'idea è bella e il racconto mi è piaciuto lo stesso.
     
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  7. Joyopi
     
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    Idem quanto sopra, con patate vegane! :)
    A me ha fatto ridere l'inizio, poi però la storia ha preso il sopravvento. Buonissime sia l'idea che l'ambientazione. Complimenti.
     
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6 replies since 29/9/2017, 16:10   89 views
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