Olimpiadi Letterarie

I Simpatici

10 - Eudes - Horror - Simpatia

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  1. Eudes
     
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    Ad Isola Fitta lo aveva portato la disperazione: fare il receptionist d’albergo gli era sembrato un lavoro più dignitoso del precedente, nel quale il suo compito era annusare escrementi di vacche, stabilirne puzza e dimensioni, per preparare dettagliati rapporti da consegnare ai superiori, grazie ai quali l’azienda avrebbe consultato i migliori esperti del settore solo per farsi dire che le mucche erano sane e cagavano regolarmente.

    Che l’isola fosse tagliata fuori dal mondo, con l’elettricità talmente discontinua che l’unico modo per mantenerla stabile era stato ricorrendo a generatori, lo aveva intuito già al colloquio.

    Qualche accenno alla nebbia pure c’era stato, Marco però non avrebbe mai immaginato che l’isola ne fosse talmente avvolta che, raccontavano, chiunque si fosse allontanato dall’hotel per più di 500 metri col tempo in quelle condizioni non sarebbe mai più riuscito a ritrovare la strada per tornare indietro. Per esagerate che potessero essere certe dicerie, Marco non aveva intenzione di provare a smentirle: avrebbe passato le sue giornate tra le mura dell’albergo.
    Gli unici che osavano avventurarsi fuori erano il cuoco e il gatto. Era un altro dei motivi per cui diffidava di entrambi.

    I gatti non gli erano mai piaciuti. Li considerava perfette macchine per uccidere: lucertole, topi, insetti, uccelli. Lesti nel lasciare ferite letali alle proprie prede e sadici nel giocare con le proprie vittime finché queste non finivano dissanguati dopo atroci sofferenze.
    Corpo aggraziato e apparentemente indifeso ma scaltro, sadico e pronto a graffiare: qualunque animale che abbia così tante caratteristiche in comune con la propria ex è sempre da tenere a distanza, pensò. Invece a lui toccava occuparsene del gatto, non dell’ex perché così era previsto dal contratto.
    «Non farlo uscire dalla tua camera,» lo aveva redarguito la proprietaria «tra i nostri clienti c’è gente aiulurofobica!»
    «Aiulo...che?»
    «Aiulorofobica, paura dei gatti, insomma»
    «Chi?»
    «Oh, più di uno, ma non è importante! Prenditi cura del gatto ma tienilo lontano dagli altri. Vedrai che tutto filerà liscio.»
    «Non sarebbe meglio allontanare il gatto dall’hotel?»
    «Ma no, povera bestia, non fa male a nessuno. Soffrirebbe il viaggio in mare e poi è la mascotte dell’albergo. Oltre a essere l’unico capace di ritrovare la strada, quando esce, nonostante la nebbia.»

    Con i cuochi invece non aveva avuto nessun problema, prima. Che poi, poverino, Sam era un bravo cuoco, e per un po’ si erano pure presi in simpatia. I dubbi erano sorti quando aveva avuto la malaugurata idea di domandare «Ma se muore qualcuno? Come ci organizziamo?»
    «Difficile che succeda. Qui gli unici a non durare, di solito, sono i receptionist. Nel caso, comunque, non preoccuparti. Dillo al cuoco, provvederà lui.»

    Da quel giorno era diventato vegano. Per quanto lo si possa diventare in un’isola simile, dove era ovvio ricorrere spesso a scatolette e congelati. I rifornimenti di viveri arrivavano molto sporadicamente, le poche volte che il tempo aveva la clemenza di consentirlo.

    Per un po’ la proprietaria era rimasta tra gli inquilini dell’isola, a insegnargli il mestiere e sbrigare le ultime faccende per poi sparire al primo rarissimo raggio di sole che le avrebbe permesso di allontanarsi, raggiungendo l’unica barca presente nell’isola.

    I clienti erano pochi, com’era logico aspettarsi. Anzi, date le condizioni del luogo, si era stupito di trovarne. Stupito prima, spaventato poi. Perché gente che va a rintanarsi in un posto luogo del genere di sicuro ha qualcosa da nascondere.

    Non che gli ospiti sembrassero davvero pericolosi, sebbene qualcuno avesse manie un po’ inquietanti.
    Tipo le tre zitelle, passavano tutto il tempo a bisbigliare tra loro, ma quando dovevano rivolgendosi agli altri parevano mute: indicavano tutto a gesti.

    O Bob, l’unico cliente maschio dell’albergo. Bob era schivo e guardava Marco con diffidenza. A suoi dire, certi tentativi di fare il simpatico di Marco, per sopperire alla noia e alle atmosfere del luogo, erano un segno inequivocabile : si stava infettando.

    «La simpatia è come un virus, ragazzo. Non fartene contagiare. Si dice che la vecchiaia porti saggezza, eppure io conosco molti più anziani brontoloni e scassapalle di quanti non e siano quelli simpatici. C’è un motivo, fidati. La simpatia è a pelle, l’antipatia a palle.»
    «Ovvero?»
    «Quelli antipatici te le triturano, certo, ma sono i simpatici che ti fanno fuori, senza che tu manco te ne accorga...»
    Se vuoi un consiglio, non circondarti di gente troppo simpatica. Primo, perché ti risparmi il disturbo di volerle bene. Secondo, non è gente che valga la pena conoscere. Il successo crea nemici. Quelli simpatici a tutti lo sono restando mediocri.»

    A volte Bob rincarava la dose. «Li conosci, no? Quelli non belli, non ricchi, non particolarmente intelligenti. Ma gran simpaticoni pieni di gnocche. A sentir loro, hanno passato la vita a farsi il mazzo per sopperire ai loro limiti con la simpatia. Ma dai retta a me, quelli han fatto il patto col diavolo». Poi fece cenno a Marco di avvicinare l’orecchio, come se dovesse rivelargli un segreto.
    «Ed è qui che tutto comincia» sibilò sottovoce. Bob vide l’espressione di compassione del suo interlocutore, come di chi si è convinto di avere di fronte uno squilibrato.
    «Non mi credi, eh? Curiosa tra le stanze degli altri, soprattutto in quella delle tre bagasce. Ti accorgerai se non ho ragione, accidenti!»

    E così fece, più per sopperire alla noia che per effettivo interesse. Guardò dal buco della serratura della loro camera e vide Sam strappare pelle e occhi alle tre zitelle, conservarle in una zuppiera, per sostituirli sui corpi con roba che sembravano occhi di vetro e maschere di silicone.

    Scappò, inorridito. Aprì la porta della sua stanza quando quel maledetto gatto scattò all’improvviso passandogli vicino le gambe e facendogli perdere l’equilibrio. Marco ruzzolò per le scale ed era ancora a terra, quando sentì rumore di passi avvicinarsi.
    «Ah, sei tu?» domandò Sam con il coltello insanguinato ancora in mano e un ghigno sul volto.

    Grandi occhi scuri, pupille incorniciate da sottili anelli verde oro osservavano silenziosi la scena.

    Al cuoco, che non si era accorto dell’imprevista presenza del gatto prese un improvviso attacco d’asma.
    Il gatto lo osservò per pochi istanti, quindi decise che gli aveva prestato fin troppa attenzione e si dirise verso Marco.
    «Non avvicinarti» gridò lui.
    Non si fidava più di nessuno, tanto meno del gatto, che sembrava avere poteri sovrannaturali.
    Il gatto gnaula e si avvicina lo stesso.
    È proprio come la mia ex, non fa mai quello che gli si chiede pensò Marco.

    «Ti ha salvato la vita, scemo!» grida Bob, che aveva assistito alla scena, appartato. «Sai quei governanti inetti più adatti al circo che a gestire il potere, eppure fanno carriera? Indossano quelle maschere. Hanno l’effetto di render loro simpatici e ciechi e dementi chi gli sta attorno. Solo i gatti sanno distinguerli. O fermare tipi come Sam. Temevo ti stessero contagiando ma se il gatto ti ha salvato, no, sei ancora sano. Per ora. Ma non illuderti, ne è pieno il mondo. E se un giorno ti ritroverai a votare per un idiota, be’, ora sai perché accade.»
     
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  2. caipiroska
     
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    Qua la mano Eudes!
    Non ti conosco ma già mi stai simpatico...
    Toglimi una curiosità: sei telepatico o qualche uccellino ti ha suggerito una certa parolina?
     
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  3. Eudes
     
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    No, lo ammetto: ho curiosato tra le tue cose su Scrittori per sempre.
    Diciamo che voleva essere una sorta di "omaggio".
     
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  4. caipiroska
     
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    Ah, ah, ah... Omaggio graditissimo!
    Non so te, ma per me questa sfida è stata difficilissima.
    In bocca al lupo!
     
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  5. Mari.q
     
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    Ciao Eudes, è tanto che non commento un tuo pezzo, mi mancava farlo!

    un paio di segnalazioni:

    "Perché gente che va a rintanarsi in un posto luogo del genere di sicuro ha qualcosa da nascondere."
    una svista

    "erano un segno inequivocabile : si stava infettando."
    via lo spazio dopo i due punti


    "eppure io conosco molti più anziani brontoloni e scassapalle di quanti non e siano quelli simpatici."
    non ho capito

    "e si dirise verso Marco"
    diresse

    A parte questi pochi refusi, figli sicuramente della fretta e del poco tempo a disposizione, il racconto mi è piaciuto. Divertente e sicuramente il genere e il tema non si prestavano molto. Bravo, mi piace sempre leggerti.
     
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  6. Anna Maria Galluzzi
     
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    Un buon horror soprattutto nella prima parte. Gli ingredienti ci sono tutti: un'isola fuori dal mondo, la nebbia, l'hotel, che ormai quando si tratta di un horror è facile associarlo ai classici del generere: "Phycho" oppure "Shinging". Il testo però va a decrescere di intensità e il finale perde lo smalto iniziale. Racconto ben scritto, in tema con la giusta ironia. In bocca al lupo per il contest :)
     
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  7. Eudes
     
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    @Caipiroska: a parte King, non leggo horror, di sicuro non ne scrivo e neanche guardo molti film di questo genere.

    oltre al fatto che la parola che ci hanno affibbiato mi è sembrata quella più incompatibile con l'horror tra le tante in elenco. Quindi no, non ho trovato semplicissimo anche solo trovare qualche idea.

    Non ti ho ancora letto, prevedo di essere stato surclassato ma, per quel che ho letto di te finora, mi sembri molto brava ed è stato un onore sfidarti.

    @Mari: grazie delle correzioni. Su "dirise" ammetto l'ignoranza, credevo si potesse dire, per il resto sì, son refusi, ma ho postato tardi e ormai non li vedevo più.

    @Anna Maria: altri mi han detto invece di preferire la seconda parte. Forse son solo amalgamate male, boh.

    Grazie a tutti per le vostre impressioni.
     
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  8. Befana Profana
     
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    A me è piaciuto molto il tuo comichorror, tanto più che trasmette una morale che è da sempre un po' anche la mia: bisogna stare attenti a quelli che fan sempre i simpatici con tutti, non la contano giusta! ;)
     
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    So che difficilmente ami ciò che scrivi, ma ogni volta che ti leggo penso sempre la stessa cosa: sbagli. Il tuo racconto mi è piaciuto, ho apprezzato le descrizioni e l'atmosfera in generale. Tema e genere centrati. Refusi non ne segnalo perchè sono stata preceduta dalla nostra efficente Mari. Bravo e a rileggerti, spero presto.
     
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  10. Angy C.
     
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    Racconto...simpatico! Sicuramente la parola simpatia non fa rima con horror, complimenti perché sei riuscito a utilizzarla e, secondo me, bene. Mi sta simpatico il gattino che nasconda qualcosa di sospetto anche lui? Bravo Eudes:)
     
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  11. Luna§
     
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    Ciao Eudes, ti ho riletto, visto che l'avevo fatto un po' troppo tardi l'altra volta e forse non ero molto lucida xD
    Sono ancora convinta che nella prima parte ci sia qualche parte superflua che poteva benissimo esser tolta, ma il racconto nella sua complessità funziona. Sei riuscito ad aggirare degnamente la parola affiancata al genere, cosa molto difficile, a mio parere.
    P.s.: se per Marco i gatti sono sadici non conosce l'uccello macellaio xD
     
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  12. Aima
     
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    Ciao Eudes,

    ti riporto nel testo i miei commenti in grassetto. Ti avverto che non ho letto gli altri commenti quindi mi scuso se dovessi ripetermi.

    CITAZIONE (Eudes @ 29/9/2017, 23:50) 
    Ad Isola Fitta lo aveva portato la disperazione: fare il receptionist d’albergo gli era sembrato un lavoro più dignitoso del precedente, nel quale il suo compito era annusare escrementi di vacche, stabilirne puzza e dimensioni, per preparare dettagliati rapporti da consegnare ai superiori, grazie ai quali l’azienda avrebbe consultato i migliori esperti del settore solo per farsi dire che le mucche erano sane e cagavano regolarmente.
    Questa frase secondo me è troppo lunga, sarebbe meglio spezzarla.

    Che l’isola fosse tagliata fuori dal mondo, con l’elettricità talmente discontinua che l’unico modo per mantenerla stabile era stato ricorrendo ricorrere a dei(?) generatori, lo aveva intuito già al colloquio.

    Qualche accenno alla nebbia pure c’era stato, Marco però non avrebbe mai immaginato che l’isola ne fosse a volte potesse essere talmente avvolta che, raccontavano, chiunque si fosse allontanato dall’hotel per più di 500 (meglio in lettere: cinquecento) metri col tempo in quelle condizioni non sarebbe mai più riuscito a ritrovare la strada per tornare indietro. Per esagerate che potessero essere certe dicerie, Marco non aveva intenzione di provare a smentirle: avrebbe passato le sue giornate tra le mura dell’albergo.
    Gli unici che osavano avventurarsi fuori erano il cuoco e il gatto. Era uno altro dei motivi per cui diffidava di entrambi.

    I gatti non gli erano mai piaciuti. Li considerava perfette macchine per uccidere: lucertole, topi, insetti, uccelli. Lesti nel lasciare ferite letali alle proprie prede e sadici nel giocare con le proprie vittime, finché queste non finivano dissanguati dopo atroci sofferenze.
    Corpo aggraziato e apparentemente indifeso ma scaltro, sadico e pronto a graffiare: qualunque animale che abbia così tante caratteristiche in comune con la propria ex è sempre da tenere a distanza, pensò. Invece a lui toccava occuparsene del gatto, non dell’ex perché così era previsto dal contratto.

    Qui sembra che la "ex" sia del "qualunque animale" e non di Marco. Rivedrei la frase strutturandola in modo più semplice, tipo: Marco pensava che qualunque animale avesse così tante caratteristiche in comune con la sua ex fosse da tenere a debita distanza.
    Ma non so se è molto meglio.


    «Non farlo uscire dalla tua camera,» lo aveva redarguito la proprietaria «tra i nostri clienti c’è gente aiulurofobica!»
    «Aiulo...che?»
    «Aiulorofobica, paura dei gatti, insomma» (manca un punto?)
    «Chi?»
    «Oh, più di uno, ma non è importante! Prenditi cura del gatto ma tienilo lontano dagli altri. Vedrai che tutto filerà liscio.»
    «Non sarebbe meglio allontanare il gatto dall’hotel?»
    «Ma no, povera bestia, non fa male a nessuno. Soffrirebbe il viaggio in mare e poi è la mascotte dell’albergo. Oltre a essere l’unico capace di ritrovare la strada, quando esce, nonostante la nebbia.»

    Con i cuochi invece non aveva avuto nessun problema, prima. Che poi, poverino, Sam era un bravo cuoco, e per un po’ si erano pure presi in simpatia. I dubbi erano sorti quando aveva avuto la malaugurata idea di domandare «Ma se muore qualcuno? Come ci organizziamo?»
    (Qui avevo capito che fosse il cuoco a fare la domanda perché si stava parlando di lui. Riformulerei rendendo chiaro che è Marco a parlare)
    «Difficile che succeda. Qui gli unici a non durare, di solito, sono i receptionist. Nel caso, comunque, non preoccuparti. Dillo al cuoco, provvederà lui.»
    (Anche qui pensavo fosse il cuoco a rispondere, visto che si parlava della simpatia tra i due, invece è un altra persona.)

    Da quel giorno era diventato vegano. Per quanto lo si possa diventare in un’isola simile, dove era ovvio ricorrere spesso a scatolette e congelatisurgelato. I rifornimenti di viveri arrivavano molto sporadicamente, le poche volte che il tempo aveva la clemenza di consentirlo.

    Per un po’ la proprietaria era rimasta tra gli inquilini dell’isola, a insegnargli il mestiere e sbrigare le ultime faccende per poi sparire al primo rarissimo raggio di sole che le avrebbe permesso di allontanarsi, raggiungendo l’unica barca presente nell’isola.

    I clienti erano pochi, com’era logico aspettarsi. Anzi, date le condizioni del luogo, si era stupito di trovarne. Stupito prima, spaventato poi. Perché gente che va a rintanarsi in un posto luogo del genere di sicuro ha qualcosa da nascondere.

    Non che gli ospiti sembrassero davvero pericolosi, sebbene qualcuno avesse manie un po’ inquietanti.
    Tipo le tre zitelle, passavano tutto il tempo a bisbigliare tra loro, ma quando dovevano rivolgendosi agli altri parevano mute: indicavano tutto a gesti.

    O Bob, l’unico cliente maschio dell’albergo. Bob era schivo e guardava Marco con diffidenza. A suoi dire, certi tentativi da parte di Marco di fare il simpatico di Marco, per sopperire alla noia e alle atmosfere del luogo, erano un segno inequivocabile : si stava infettando.

    «La simpatia è come un virus, ragazzo. Non fartene contagiare. Si dice che la vecchiaia porti saggezza, eppure io conosco molti più anziani brontoloni e scassapalle di quanti non e siano quelli simpatici. C’è un motivo, fidati. La simpatia è a pelle, l’antipatia a palle.»
    (ancora questo detto non l'ho capito, neanche dopo la spiegazione)
    «Ovvero?»
    «Quelli antipatici te le triturano, certo, ma sono i simpatici che ti fanno fuori, senza che tu manco te ne accorga...»
    Se vuoi un consiglio, non circondarti di gente troppo simpatica. Primo, perché ti risparmi il disturbo di volerle bene. Secondo, non è gente che valga la pena conoscere. Il successo crea nemici. Quelli simpatici a tutti lo sono restando mediocri.»

    A volte Bob rincarava la dose. «Li conosci, no? Quelli non belli, non ricchi, non particolarmente intelligenti. Ma gran simpaticoni pieni di gnocche. A sentir loro, hanno passato la vita a farsi il mazzo per sopperire ai loro limiti con la simpatia. Ma dai retta a me, quelli han fatto il patto col diavolo». Poi fece cenno a Marco di avvicinare l’orecchio, come se dovesse rivelargli un segreto.
    «Ed è qui che tutto comincia» sibilò sottovoce. Bob vide l’espressione di compassione del suo interlocutore, come di chi si è convinto di avere di fronte uno squilibrato.
    «Non mi credi, eh? Curiosa tra le stanze degli altri, soprattutto in quella delle tre bagasce. Ti accorgerai se non ho ragione, accidenti!»

    E così fece, più per sopperire alla noia che per effettivo interesse. Guardò dal buco della serratura della loro camera e vide Sam strappare pelle e occhi alle tre zitelle, conservarle in una zuppiera, per sostituirli sui corpi con roba che sembravano occhi di vetro e maschere di silicone.
    (Questa scena è molto improvvisa e surreale, non ho avuto il tempo di realizzare cosa stesse succedendo.)
    Scappò, inorridito. Aprì la porta della sua stanza quando quel maledetto gatto scattò all’improvviso passandogli vicino le gambe e facendogli perdere l’equilibrio. Marco ruzzolò per le scale ed era ancora a terra, quando sentì rumore di passi avvicinarsi.
    «Ah, sei tu?» domandò Sam con il coltello insanguinato ancora in mano e un ghigno sul volto.

    Grandi occhi scuri, pupille incorniciate da sottili anelli verde oro osservavano silenziosi la scena.

    Al cuoco, che non si era accorto dell’imprevista presenza del gatto prese un improvviso attacco d’asma.
    Il gatto lo osservò per pochi istanti, quindi decise che gli aveva prestato fin troppa attenzione e si dirise verso Marco.
    «Non avvicinarti» gridò lui. (lui chi? Marco?)
    Non si fidava più di nessuno, tanto meno del gatto, che sembrava avere poteri sovrannaturali.
    Il gatto gnaula e si avvicina lo stesso.
    È proprio come la mia ex, non fa mai quello che gli si chiede pensò Marco.

    «Ti ha salvato la vita, scemo!» grida Bob, che aveva assistito alla scena, appartato. «Sai quei governanti inetti più adatti al circo che a gestire il potere, eppure fanno carriera? Indossano quelle maschere. Hanno l’effetto di render loro simpatici e ciechi e dementi chi gli sta attorno. Solo i gatti sanno distinguerli. O fermare tipi come Sam. Temevo ti stessero contagiando ma se il gatto ti ha salvato, no, sei ancora sano. Per ora. Ma non illuderti, ne è pieno il mondo. E se un giorno ti ritroverai a votare per un idiota, be’, ora sai perché accade.»

    Emm, sarò tonta ma non ho capito. Mi spiegheresti?
     
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  13. Eudes
     
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    @Befana Profana, lean e Angie: grazie

    @Aima: sul detto, che in realtà è solo un gioco di parole, ho dato un significato tutto mio. La spiegazione sarebbe: gli antipatici ti triturano le palle (con i loro atteggiamenti antipatici, appunto), ma quelli che finiscono per farti la pelle (quindi, da evitare come la peste) sono le persone simpatiche. Qualcosa del genere.

    La tua domanda di chiusura non ho capito se si riferisca a tutto il racconto o solo alle frasi finali.
    In entrambi i casi, però, non sono sicuro sia il caso di spiegare. Forse è meglio lasciare che quel che arriva arrivi. E se non arriva nulla, mah, forse il problema è del racconto, non sei tu a essere tonta.
     
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  14. Aima
     
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    CITAZIONE
    @Aima: sul detto, che in realtà è solo un gioco di parole, ho dato un significato tutto mio. La spiegazione sarebbe: gli antipatici ti triturano le palle (con i loro atteggiamenti antipatici, appunto), ma quelli che finiscono per farti la pelle (quindi, da evitare come la peste) sono le persone simpatiche. Qualcosa del genere.

    Ecco perchè non capivo, io con "a pelle" avevo pensato al modo di dire "simpatico a pelle" ovvero al primo impatto, e quindi non mi tornava.

    CITAZIONE
    La tua domanda di chiusura non ho capito se si riferisca a tutto il racconto o solo alle frasi finali.
    In entrambi i casi, però, non sono sicuro sia il caso di spiegare. Forse è meglio lasciare che quel che arriva arrivi. E se non arriva nulla, mah, forse il problema è del racconto, non sei tu a essere tonta.

    Intendevo la parte finale.
    Non ho capito che fine ha fatto Sam dalla scena, visto che un attimo prima era lì.
    Non ho capito come il gatto l'avrebbe salvato.
    E non ho capito tutta la questione maschere/gatti.

    Però mi sembra che sono l'unica a non aver colto, perchè nessun altro l'ha chiesto, quindi forse il problema è mio.
     
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  15. MyaMcKenzie
     
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    Ciao Eudes, buona la partenza, con una location adatta. Poi però mi sono persa... l'horror non l'ho odorato.
    Non so, sono perplessa. Di certo, creare un orror divertente con il tema simpatia non era proprio il massimo, credo una delle sfide più dure del contest.
    Il finale politico con i gatti non l'ho capito, ma presumo sia un problema mio, le comari lo sanno, hanno dovuto spiegarmi un sacco di battute ;)
     
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15 replies since 29/9/2017, 22:50   151 views
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