Olimpiadi Letterarie

Il giorno del mandato

Quadri - high fantasy

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  1. Arya Sophia
     
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    Il sole albeggiava svegliando la città dal torpore della notte. Mi piaceva quell’ora, tutto da silenzioso diventava caotico, frenetico: i fornai invadevano le strade con il profumo del pane, ragazzi assonnati si infilavano nei camini per andare a scuola, le saracinesche si aprivano rumorosamente. Tutto questo accadeva ogni mattina, tranne quel giorno: nessuno proferiva parola e il tempo era immobile come se qualcuno lo avesse fermato. Era un giorno diverso ad Anglaris, i ragazzi venivano radunati in piazza e sottoposti a delle prove attraverso cui venivano scelti due guardiani della città. Giorno del mandato, così veniva chiamato.
    Mi spazzolai i capelli e li raccolsi in una treccia, proprio come faceva mia madre. Un sorriso a quel ricordo si dipinse sul volto, mi mancava come mi mancava mio padre. Erano stati entrambi uccisi dal Vivius.
    Mi ero allenata costantemente, volevo diventare guardiana della città e ucciderlo vendicando la morte dei miei genitori.
    Un bussare frenetico mi ridestò dai miei pensieri. Aprii la porta e mio zio mi avvolse tra le sue braccia trattenendo a stento le lacrime.
    «Flame non andare, sei ancora in tempo per fuggire.»
    «Devo.»
    Scosse la testa. «Sei testarda proprio come tua madre.»
    Sorrisi, lo abbracciai e poi seguii le guardie che erano arrivate a rastrellare. Quest’anno, diversamente dagli altri, tutti erano obbligati a partecipare. Si diceva che la prova sarebbe stata dura e molti avrebbero incontrato la morte.
    Finalmente arrivammo in piazza, già allestita con grandi schermi. Mi voltai alla ricerca di Race, il mio migliore amico. Quando incrociai il suo sguardo timoroso capii che quell’anno sarebbe stato diverso.
    Mi feci spazio spintonando la gente mentre anche lui cercava di raggiungermi. Mi avvolse tra le sue braccia muscolose.
    Senza accorgermene strinsi la mano di Race.
    Una donna con il viso di ceramica, iniziò a parlare.
    «Come ogni anno, oggi si dà il via alla prova per diventare guardiano, ma quest’anno sarà diverso: ci saranno tre frutti che dovrete trovare, solo due saranno quelli giusti…»
    Mi voltai verso Race e lo guardai stranita. Lui alzò le spalle e scosse la testa. Le parole della donna si dispersero nel vento mentre ricordavo la leggenda che mi raccontava sempre mio padre prima di andare a letto. Parlava di una guerriera pavida, benedetta dagli dei che le avevano fatto scoprire tre frutti per sconfiggere il mago che aveva fatto sprofondare nelle tenebre la sua città.
    Tutta la folla che ci circondava scomparse e ci ritrovammo nell’isola in cui si sarebbe tenuta la prova.
    «Prima prova: abilità e velocità. Dovrete scalare la montagna e catturare un centauro» risuonò nell’aria la stessa voce che ci aveva spiegato cosa sarebbe accaduto.
    Lasciai la mano di Race e mi guardai attorno, vidi un arco. Sapevo che avrei puntato a quello. Un frastornante gong diede il via. Corsi, dovevo prendere quell’arma. Riuscii appena in tempo ad afferrarlo, solo in quel momento mi accorsi che anche un ragazzo robusto stava puntando nella mia direzione. Scattai in avanti in modo che non potesse raggiungermi.
    Arrivai alle pendici della montagna. La scrutai per cercare il tratto meno ripido e con maggiori appigli. Appena lo trovai iniziai a scalare. Nessuno mi avrebbe fermata, avrei raggiunto la meta.
    Scalai fregandomene delle mani rigate dal sangue e del dolore alle dita. Dovevo rimanere concentrata, un piccolo errore e sarei precipitata per molti metri.
    Misi un piede in una rientranza che somigliava a un lupo, ma appena mi mossi il piede scivolò. Il battito iniziò ad accelerare e i polmoni a non raccogliere più ossigeno.
    Feci un lungo respiro cercando di ritornare calma.
    Race, mi avvolse la vita con un braccio.
    «Prendi» disse accennando alla corda che gli cingeva i fianchi.
    Mentre mi tenevo aggrappata con una mano, con quella libera feci passare l’estremità della corda attorno al mio torace e poi feci un nodo stretto.
    Lo ringraziai con un cenno del capo e silenziosamente, continuammo a scalare.
    Finalmente giungemmo in cima, eravamo i primi perché molti si erano arresi o avevano optato per il sentiero che gli avrebbe portato via molto tempo.
    Mi liberai della corda che prontamente Race raccolse e sistemò nell’unica tasca libera. Per un attimo ammirai i suoi bicipiti allenati, ma un rumore di zoccoli attirò la nostra attenzione.
    Diversi centauri correvano verso di noi così ci direggemmo verso la foresta, sistemandoci dietro degli alberi. Da quella posizione potevo vedere come i ragazzi che giungevano alla fine venivano calpestati.
    Presi l’arco dalla faretra e incoccai una freccia, pronta a colpire.
    Scoccai e centrai il mio bersaglio. Un centauro cadde a terra. Corsi verso di lui cercando di non attirare l’attenzione degli altri, non avevo abbastanza frecce per ferirli tutti. Presi il centauro e lo trascinai verso la foresta. Due occhi nocciola mi fissavano, erano quelli di altri ibridi. Con la punta della freccia, amputai una gamba alla bestia.
    Corsi nuovamente verso la foresta. Sentii gli zoccoli sempre più vicini. Un metalupo bianco come la neve sbucò dalla foresta, con la coda dell’occhio vidi che colpì il centauro che mi stava seguendo.
    Mi appoggiai contro la corteggia di un albero e guardai la scena finché l'animale, dopo aver guardato nella mia direzione, non se ne andò. Poco dopo vidi Race approfittarne e prendere l’animale ormai morente.
    Poco dopo un portale si aprì davanti a me.
    «Hai dimostrato la tua velocità e le tue abilità di cacciatrice, ora dovrai affrontare la tua paura più oscura» ancora la stessa voce che usciva dal portarle.
    Lo attraversai e mi ritrovai in una catapecchia piena di specchi. L’odore di chiuso e di polvere invase le narici.
    “Paura di me stessa!” risi in modo isterico.
    Sei una fallita!
    «Hai ragione sono una fallita.»
    Certo che lo sai! Non hai fatto nulla di buono.
    Una lacrima rigò il mio viso. Era vero, non ero riuscita a salvare i miei genitori.
    Sei solo buona a scappare!
    «Non avevo scelta!»
    Fallita!
    Mi asciugai la scia salata che bagnava la mia guancia. Avrei vendicato i miei genitori, ci sarei riuscita.
    «Ho sperato la prima prova!»
    Oh, adesso non ti esaltare, rimani sempre una delusione.
    «Possibile, ma diventerò una guardiana.»
    Ahah! Tu, una guardiana? Fammi il piacere!
    «Mi sono allenata ogni giorno, quindi sì, diventerò una guardiana o qualsiasi cosa voglia.»
    Sei solo uno scarto che non vale niente.
    «Questo lo pensi tu, io credo in me!»
    Non ce la farai mai e verrai derisa.
    «Invece io ce la farò perché credo in me!»
    Gli specchi si frantumarono. Mi accovacciai per riparami dal vortice di schegge di vetro che volavano per tutta la stanza.
    Tutto ritornò calmo, la voce smise di parlare. Alzai lo sguardo e un altro portale si aprì.
    «Sei stata veloce, abile e pavida… ma queste sono qualità inutili se non sai usare l’intelletto.»
    Passai il portale e mi ritrovai in una radura. Lo stesso metalupo che mi aveva salvato era seduto eretto.
    Poco più in là vidi Race che stava vomitando. “Paura della morte, ne sono sicura.”
    «Allora» disse una voce profonda e grave attirando la mia attenzione. Mi guardai attorno per capire da dove provenisse.
    «Flame» disse il metalupo. Guardai un ultima volta Race che continuava a essere scosso da conati di vomito. «Dovrai rispondere a questo indovinello e non dire la risposta a nessuno.»
    «Okay» risposi esitante.
    «Verde come la radura, ciò che causo può essere amaro o dolce come il miele. Rosso come il fuoco, alla velocità della luce ardo ciò che ostacola il mio cammino, fermando ogni cosa. Blu come il mare, trasparente come le sue acque, che mi nutrono con la loro forza, sia il corpo che la mente. Quale frutto devi evitare?»
    Ciò che causo può essere amaro o dolce come il miele.
    “Deve essere qualcosa che ha effetti contrastanti…ma cosa.”
    Amaro o dolce come il miele.
    Iniziai a camminare freneticamente.
    “L’amore? No, non può essere… non è una cosa che si causa.”
    Continuai a camminare.
    “Ci sono… la morte! Amara perché può arrivare improvvisamente e dolce perché può essere attesa.”
    Alla velocità della luce ardo ciò che ostacola il mio cammino.
    “Si tratta di fuoco… ma questo è troppo ovvio.”
    Alla velocità della luce.
    “Un fulmine…”
    Camminai maledicendo quell’indovinello. Io che li odiavo, mi ritrovavo costretta a risolverne uno.
    “La supervelocità.”
    Ardo ciò che ostacola il mio cammino.
    “La possibilità di usare il fuoco? O farà diventare una torcia vivente?”
    «Il tempo sta per scadere» mi avvertì il metalupo.
    “La possibilità di usare il fuoco.”
    Fermando ogni cosa.
    “Sospensione... ma di cosa?”
    Mi fermai iniziando a battere freneticamente un piede.
    “Degli oggetti? Dello spazio?”
    Ricominciai a camminare come se quel movimento potesse aiutarmi a capire i superpoteri dei frutti.
    “No, del tempo! Sospensione del tempo!”
    Trasparente come le sue acque sia il corpo che la mente.
    “Questo è banale… invisibilità.”
    Sia il corpo che la mente.
    “Permette agli altri di non leggerti la mente? No… in quel caso non sarebbe trasparente.”
    Sbuffai. Mi fermai e osservai il metalupo sperando che mi aiutasse.
    “Ma certo! Rende trasparenti le altre menti... lettura del pensiero!”
    Che mi nutrono con la loro forza.
    “Darà la forza del mare? O può aumentare i suoi poteri attraverso l’acqua?”
    Quella era la parte più difficile e che mi confondeva di più.
    “Superforza!”
    «Verde!»
    L’animale che mi aveva salvata si alzò e mi condusse nella grotta dove erano nascosti i frutti.
    Pensai qualche istante a quale dei due frutti prendere. Il frutto del fuoco permetteva di fermare il tempo, di far bruciare tutto e di essere veloci. Invece, il frutto del mare dava l’invisibilità, la superforza e la lettura della mente.
    Decisi di mangiare quello blu. Sapeva di mora mischiata a fragola.
    Appena diedi l’ultimo morso, i piedi si staccarono dal terreno e venni avvolta da un vortice d’acqua. Mi trasformai. I capelli divennero dello stesso colore del frutto e la pelle candida come la spuma del mare.
    Un altro portale si aprì davanti a me, seguii il metalupo al suo interno. Ci trovammo all’interno della sala di un castello.
    «Sei la prima guardiana, congratulazioni» disse la stessa donna che aveva dato inizio alle prove.
    Poco dopo entrò Race, i capelli erano neri come sempre ma negli occhi potevo scorgere sfumature rosse.
    Sospirai di sollievo e corsi ad abbracciarlo. Il tossicchiare della donna ci riportò alla realtà.
    «Kuro e Shiro saranno i vostri protettori. Adesso andate.»
    Solo in quel momento mi accorsi del metalupo nero che affiancava Race.
    L’ennesimo buco nero si aprì. Questo ci avrebbe riportato a casa.

    Quella sera la luna era piena. Sicuramente sarebbe piaciuta ai miei genitori. Odiavo Vivius per avermeli portati via, costringendomi a scappare dalla mia città natale. Una città finita nell’ombra, dove tutto era freddo e triste. Un freddo che trapassava le ossa e gelava anche l’anima.
    Strinsi il pugno. «Vivius, sto arrivando!»
     
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    complicatrice

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  3. Arya Sophia
     
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    Si vede che mi sono magnata dei caratteri mentre postavo xD
     
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  4. Joyopi
     
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    Fa molto Hunger Games. Non male l'idea dell'indovinello e ci sono alcuni spunti interessanti, però condivido il giudizio di Gigiskan, forse c'è troppa carne al fuoco e la narrazione e la chiarezza ne risentono. Non è affatto facile scrivere un high fantasy in pochi caratteri.
     
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  5. Arya Sophia
     
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    Grazie Joyopi, già non è affatto semplice soprattutto per una che di fantasy non ne ha mai scritti...
    Grazie del consiglio :D
     
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4 replies since 30/9/2017, 22:45   52 views
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