Olimpiadi Letterarie

Il trillo del Diavolo

Cuori/Thriller

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    La prima telefonata arriva alle 3 del mattino.
    «Paparino, ti va di fare un giochino?»
    Fabrizio, irritato per essersi svegliato per colpa di una stronzata del genere, riattacca senza rispondere e torna nella stanza da letto camminando sulle punte per non svegliare la moglie. Appena si riaddormenta, non passano nemmeno 20 minuti, di nuovo il trillo.
    «Paparino, sei stato un cattivo bambino. Il prezzo da pagare sarà salatino. Il conto alla rovescia è già partito, segui istruzioni che ho messo per iscritto.»
    La voce è deformata, metallica. Anche dopo aver agganciato risuona ancora nella testa di Fabrizio.
    Quali istruzioni? Quale conto alla rovescia? Qualcuno si sta burlando di lui, è evidente. Ma perché? Cosa vuol dire? Gli sembra di aver captato una punta di malizia in quelle parole assurde, apparentemente incomprensibili, ma un senso dovrebbero pur avere.
    Perso nei pensieri non si accorge della moglie alle sue spalle. Sentire il tocco delle sue braccia intorno al colo lo fa sussultare.
    «Tesoro, tutto bene? — Gli passa una mano tra i capelli corti brizzolati mentre con l’altra accarezza il suo volto stanco — Non stai ancora a pensare al processo? Hai fatto solo il tuo dovere. Non ti cruciare. Torniamo a dormire?»
    Fabrizio annuisce senza spiccicare una parola e si fa trascinare di peso in stanza. Si sdraia acconto alla moglie e chiude gli occhi. Il respiro della donna è calmo, regolare. Di solito non ci mette molto a riprendere il sonno. Lui, invece, fa solo finta di dormire. Continua a pensare a quelle telefonate bizzarre.
    Il processo è finito, la sentenza emessa. I cattivi sono finiti nel carcere di massima sicurezza dove era giusto che li mandasse. E se fosse l’ennesima minaccia di morte? Per un magistrato del suo calibro è un’ipotesi che non può ignorare.
    Passano altri venti minuti, le orecchie di Fabrizio sono tese come le corde di un violino. Si rigira nel letto inquieto. Il telefono suonerà ancora? Se non squilla forse è un buon segno. Forse è solo uno stupido scherzo, nemmeno legato al suo lavoro. Quel pensiero lo tranquillizza ma non convince.
    Alle 4:20, l’ora della verità, Fabrizio è già in piedi. Un forte senso di angoscia lo affligge e non gli permette di essere lucido. Si è fatto una camomilla che sorseggia lentamente. Le mani dalle dita lunghe e sottili stringono la tazza di porcellana, il volto pensieroso, un occhio sul cordless appoggiato sulla tavola di cucina.
    Al terzo trillo preme il bottoncino con la cornetta verde.
    «Paparino, sei stato sciocchino. Dovevi leggere istruzioni, pesanti saranno sanzioni. Intanto il tempo passa già tua figlia presto morirà.»
    Alle ultime parole del messaggio l’uomo sbianca e con una mano spazza via tutti gli oggetti sulla tavola, la tazza cade sulle mattonelle rompendosi in tanti piccoli pezzi.
    «Bastardooooo! Figlio di puttana!» Le grida da leone ferito rimbombano per tutta la casa. Fabrizio va su e giù per la cucina, le mani alternano diverse posizioni: prima le passa sui capelli corti e pungenti, poi le appoggia sui fianchi. La testa è un groviglio di pensieri disperati.
    La moglie, intanto, è accorsa in cucina. Ansima, la confusione dipinta sul viso assonnato.
    «Fabrizio, cos’è successo? Stai bene?»
    La risposta dell’uomo non arriva. Il suo sguardo è perso nel vuoto. Un pesante silenzio ha eretto il muro tra i due coniugi.
    «Fabrizio, parla! È successo qualcosa alla nostra bambina? Si tratta di Valeria, vero? Oh, mio Dio! — Si porta le mani sul volto, sospira — Fabrizio, per l’amor del cielo, parla! Ha avuto un incidente a San Francisco, è così? Ecco perché ha suonato il telefono prima. Sono state le sue amiche ad avvisarti, vero?» È un fiume in pieno, non riesce a stare zitta né ferma. Si avvicina al marito e lo strattona.
    «Anna, basta! Smettila! Non è stato un incidente… Non è stato un incidente…»
    «Cos’è stato allora? Dimmelo! Voglio sapere! Cristo santo, parla!»
    Fabrizio non riesce a guardarla negli occhi. Non sa come affrontare l’argomento. La prende tra le sue braccia e la stringe forte a sé. Cosa veramente sa di tutta quella situazione assurda? Una voce metallica ha detto che Valeria morirà se non segue le istruzioni. Ma quale istruzioni? Dove? Come? In tutto quel trambusto non ha pensato nemmeno per un attimo a verificare se stesse o meno bene. Perché non l’ha chiamata?
    Sono settimane che non si scrivono le mail. Il processo l’aveva tenuto occupato giorno e notte. Ma non è una scusa valida. È un ottimo motivo per sentirsi in colpa.
    «Tesoro, io, sai…» Fabrizio ha un groppone in gola. Non può tergiversare a lungo. Deve dire tutto ad Anna di quei messaggi in rima, almeno quello che sa o che crede di aver capito.
    «Fabrizio, per favore, dimmi cos’è successo.»
    L’orologio in cucina batte cinque colpi. Arriva puntuale il quarto trillo. Fabrizio guarda Anna, poi il cordless, poi di nuovo Anna. Trae un respiro profondo e risponde.
    «Paparino, sei stato stupidino. La busta non l’hai ancora trovata, tua figlia morirà all’ora esatta.»
    «Bastardo, chi sei? Fammi parlare con Valeria e subito! Mi hai sentito figlio di puttana? Voglio parlare con mia figlia!»
    «Tut-tut… tut-tut…»
    «Pronto! Pronto!»
    Il viso di Anna ha perso il colore abituale. Chiude gli occhi e cerca di respirare. Fabrizio la prende per mano e conduce nel soggiorno. Entrambi si siedono sul divano a tre posti di pelle nera. Si guardano in silenzio. A parlare per prima è lei.
    «L’hanno rapita, vero?»
    Lui fa il cenno di sì con la testa.
    «È stata la mafia?»
    Fabrizio continua a tacere ma il suo cervello è già a lavoro. Potrebbe essere la mafia, però non gli sembra sia un loro modus operandi. È più l’opera di qualche pazzo. Ne ha fatti condannare parecchi, in passato. Deve cercare quella busta, ovunque si trovi. Come diavolo sono riusciti a entrare in casa con tutte le misure di sicurezza?
    Si alza di scatto e si mette a fare ricerca. Sente gli occhi di Anna sulla nuca. Le deve una risposta che purtroppo non ha. Ancora.
    «Fabrizio, dove vai? Cosa faremo adesso? Chiamiamo la polizia?»
    «No! — Risponde il marito con la voce perentoria — Chiama Stati Uniti. Voglio sapere se Valeria si è recata a Roma senza avvisarci. Io devo cercare quella busta. Se ho capito bene Anna, non abbiamo molto tempo.»
    Lei annuisce, prende il cordless e comincia a digitare i numeri con la mano tremante. Per fortuna ha una buona memoria. Lui va nel suo studio ma prima getta uno sguardo sull’orologio. È passata già una mezz’ora dall’ultima telefonata.

    Alle sette del mattino la casa è tutta sottosopra. A una prima occhiata un estraneo direbbe che Fabrizio e Anna hanno avuto ladri in casa. Per terra ci sono vestiti, libri, posate, piatti, tutta una vita in cose accumulate negli anni da quando Fabrizio aveva avuto la promozione. Hanno tirato fuori tutti i cassetti, svuotato tutti gli armadi. Della busta con le istruzioni nemmeno un’ombra.
    Un paio di telefonate brevi e hanno scoperto che Valeria era partita quarantotto ore prima alla volta dell’Italia. Voleva fare una sorpresa ai genitori. Le mancava la città eterna, i suoi amici dell’università. Aveva un annuncio importante da fare, dissero le sue coinquiline americane che non avevano notizie di Valeria da allora. Era incinta da quattro mesi del primo figlio. Col fidanzato canadese stavano già progettando le nozze.
    A Fabrizio e Anna era caduto il mondo addosso in un solo colpo.
    «Niente! — esclama Fabrizio — Un buco nell’acqua uno dietro l’altro. Abbiamo guardato dappertutto.»
    «Anche nella stanza di Valeria?»
    «È chiusa da quando è partita. Ne hai fatto un santuario come se fosse morta!»
    Anna si fa il segno della croce. L’espressione sul volto la dice tutta di come si sente.
    «Il pc!» grida all’improvviso.
    «Cosa?»
    «Abbiamo subito pensato a una busta di carta. E se invece ci fosse una mail con le istruzioni?»
    Fabrizio alza gli occhi al cielo e le stampa un sonoro bacio sulla fronte.
    «Sei un genio! Non ci avevo pensato!»
    Corrono nella stanza della figlia.
    «È già acceso, guarda!»
    «Gran figlio di puttana!»
    Si siedono al pc e muovono il mouse. Sullo schermo appare la casella di posta di Valeria. C’è una nuova mail. Oggetto: Il trillo del Diavolo.
    «Cosa vuol dire?» domanda Anna. Fabrizio le fa segno con il dito di stare in silenzio. Legge con attenzione il testo dell’email. Come sospettava, un altro messaggio in rima.
    Paparino, paparino… è arrivata l’ora del giochino. Ogni immagine un indizio. Che la caccia abbia inizio. Hai ventiquattro ore esatte, ricorda che tua figlia ha le ore contate.
    Al messaggio era allegata una cartella con dei disegni, a prima vista estratti da un gioco virtuale che non conosceva. L’ultimo disegno mostrava un candelotto di dinamite accanto Wile E. Coyote e un orologio digitale che diceva 03 AM.
    «Oh, signor benedetto…» sussurra.
    «Cosa vuol dire tutto questo, Fabrizio?»
    «Che la ucciderà alle 3 del mattina. Abbiamo sprecato la gran parte delle 24 ore che avevamo a disposizione. Gran figlio di puttana!»
    Anna sbianca di colpo e abbassa il capo. Poco dopo comincia a singhiozzare.
    «Tesoro, calma. Dobbiamo tenere i nervi saldi. Ti prometto che la salverò!» La abbraccia forte.
    «E se non ci riesci?»
    Fabrizio non vuole nemmeno pensarci. Deve farcela. Chi sarà quello stronzo psicopatico? Lo farà a pezzi appena lo trova.
    «Anna, cerca in rete tutto quel che c’è su questo trillo del Diavolo, va bene?»
    «E tu che cosa farai?»
    «Vado a cercare quel pazzo e a ucciderlo! Stampami i disegni della mail! Non abbiamo molto tempo, purtroppo.
    Anna annuisce e avvia la ricerca su google.
    «Qui dice che è una sonata per violino.»
    «Cosa?»
    «Il trillo del diavolo, è una sonata di un certo Giuseppe Tortini.»
    Fabrizio è sull’uscio quando, appena udito quel nome, si ferma.
    «Tortini, dici?»
    «Sì, perché?»
    Fabrizio impreca più volte. Forse ha capito o forse no. Ritorna da Anna di corsa.
    «Fammi vedere ancora una volta quei disegni.»
    Anna gira lo schermo. Il cuore le batte forte. Le espressioni sul volto del marito cambiano di secondo in secondo e sono piuttosto eloquenti.
    «Anna, io ho già visto quei disegni. Gran figlio di puttana!»
    La donna è sconcertata. Confusa. Non capisce nulla ma lui sì. Lui ha capito tutto.
    «Cosa vuol dire?»
    «Valeria è stata rapita da un musicista folle che ha massacrato dieci anni fa l’orchestra sinfonica della RAI. Sono stato io a mandarlo in carcere. Hai stampato quelle dannate foto?»
    Anna preme stampa. Il telefono suona.
    «Papparino… Vuoi dare a tua figlia un ultimo salutino?»
    In sottofondo una sonata sconosciuta. L’ultimo trillo del Diavolo.
     
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