Olimpiadi Letterarie

Deus Ex Machina

Girone Cuori - genere Thriller

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  1. Hindefuns
     
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    “Vi abbiamo dato tutto. Abbiamo creato per voi storie e personaggi. Vi abbiamo offerto cattivi, buoni, vigliacchi ed eroi. Abbiamo sviscerato le emozioni più profonde: amore, odio, paura, gioia; indotto sentimenti sempre più forti. Perché voi siete i nostri padroni. Voi avete il potere. E ne avrete ancora e sempre di più. Domani sarà il giorno zero. La sfida definitiva. Vita e morte. Amore e odio. Sarà tutto nelle vostre mani”.
    Era stata una lunga giornata in tribunale. Proficua ma faticosa e la pioggia aveva reso il solito traffico palermitano un girone infernale. Andrea aveva solo voglia di svestirsi, cenare ed andare a dormire. La TV accesa evitava che sentisse l'eco dei suoi pensieri in una casa troppo vuota. Ma dopo il divorzio non erano rimasti che oggetti a fargli compagnia. Sua moglie si era portata via il loro unico tesoro, Carla, la sua piccola principessa. Così doveva aspettare una settimana per quell'unica gioia che prima di allora ammetteva di aver ignorato troppo spesso. Scacciò via i pensieri malinconici dalla mente.
    Non aveva neanche voglia di cenare, si buttò sul divano e si lasciò andare alla noia televisiva, che lo sedò rapidamente.
    Il campanello lo schiaffeggiò ripetutamente svegliandolo. Era ancora mezzo vestito. Si guardò intorno cercando l'orologio. Non veniva mai nessuno a trovarlo e poi, pensò, il portiere avrebbe citofonato per avvertire. Il suo non era un condominio qualsiasi, ma una vera e propria residenza per chiunque avesse abbastanza denaro da permettersi un portiere giorno e notte, un uomo che, in caso di pioggia, vi sarebbe corso dietro con l'ombrello aperto. Era proprio questa l'immagine di estremo e stronzo potere che aveva spinto Andrea ad affittare casa lì.
    Ed ora bussavano impuniti alla sua porta alle sette del mattino. La giornata non stava iniziando bene.
    Una donna, vestita completamente di rosso, col trucco scolato sulle guance ed i tacchi troppo alti per l'equilibrio precario che a malapena manteneva, l'aspettava piangendo dall'altra parte dello spioncino.
    Odiava gli estranei, da buon avvocato fingeva fiducia verso tutti ma segretamente diffidava di chiunque. Eppure aprì la porta. Quella sorta di bambola vivente portava al collo il ciondolo che Andrea aveva regalato a sua figlia per il sesto compleanno. Non poteva sbagliarsi, era una riproduzione della bambina col palloncino di Banksy, personalizzata con i colori della piccola principessa.
    La osservò stranito, Lei alzò lo sguardo e, con gli occhi carichi di lacrime e terrore, disse: “Andrea?” Lui ebbe un sobbalzo. Afferrò la donna per le spalle scuotendola, e si rese conto di quanto questa fosse debole.“Chi sei? Dove hai preso quel ciondolo”? La ragazza che non smetteva di piangere, per difendersi si era completamente irrigidita e aveva chiuso gli occhi. Andrea comprese che avrebbe dovuto cambiar tono se voleva capire cosa stesse succedendo. Così fece entrare la bambola. Si sedette e lo fissò in silenzio, lo sguardo di chi temeva il peggio pur avendo visto già l'inferno. “Chi sei? Dove hai preso quel ciondolo”?
    L'uomo tratteneva il timbro delle sue parole per mettere a proprio agio l'ospite.
    “Perdonami. Io non c'entro niente. Sono qui solo per riferire. Altrimenti loro… “ e si bloccò. Andrea soffocò uno scatto d'ira ma, divenne rosso in viso e lei se ne accorse, quindi ricominciò a parlare.“Non mi hanno fatto dormire per tre giorni. E posso solo dirti che hanno Carla. È viva ma l'hanno avvelenata”. Andrea si sentì morire. Non trattenne più l'ira e saltò in piedi. La ragazza si accucciò sul divano difendendosi con le braccia,era chiaro che avesse i nervi a pezzi.
    Come colto da un'improvvisa illuminazione, prese il cellulare e, tenendo sempre d'occhio la sua ospite, chiamò l'ex moglie. “Sara dov'è Carla? Puoi passarmela?” Il tono era urgente. Non gli importava di allarmarla. La risposta di Sara gli provocò un brivido di paura, si sentì il sangue raggelare e il telefono gli scivolò dalle mani. In un attimo realizzò che la bambola stava forse dicendo la verità. Secondo Sara, Carla aveva dormito da lui. La sua assistente era passata a prenderla nel tardo pomeriggio. Ora la testa gli girava. Chiamò Helga, la donna che teneva in ordine tutto della sua vita, ma stranamente non rispose. La donna in rosso ruppe il silenzio: “Hanno mandato loro Helga. Loro possono far fare tutto a tutti, non hanno coscienza”. E, prima che lui potesse ribattere, gli afferrò un braccio e continuò: “Ascoltami bene. Non hai tanto tempo. Il veleno completerà il suo effetto stasera per le 23. prima di allora lei starà sempre più male ma potrai salvarla. Devi sbrigarti.” Detto questo mise due dita nel décolleté, tirò fuori un foglio ed una pillola che ingoiò prima che Andrea potesse anche solo muoversi, quindi si accasciò a terra priva di sensi. L'avvocato osservò la scena inerme, si chinò verso la bambola, era ancora viva, ma non avrebbe potuto aiutarlo.
    Strappò dalle mani della ragazza il foglio e lo spiegò.
    “Cenere eravamo e cenere torneremo. All'ombra degli ulivi le tue ceneri ti stanno chiamando, e il loro eco si sparge per la valle, mescolandosi alle voci dei secoli. La principessa invoca aiuto, ti aspetta alla fine del labirinto, là, dove il tempo non torna mai indietro. Ti osserverà dal suo unico occhio, aspettando i dodici rintocchi.
    Deus Ex Machina”.
    Andrea rimase qualche istante a fissare il foglio, e l'unica cosa che gli venne in mente fu “Ferla”. D'istinto scappò in garage, capì che sarebbe dovuto tornare nel paese dove era nato e cresciuto, e che non vedeva da anni. Non era un nostalgico che cercava di tenersi stretti amici e radici. Aveva sempre diviso la vita in compartimenti stagni. E quello dell'infanzia era chiuso, non aveva più niente che lo legasse a quel luogo.
    Si erano fatte le otto. Non importava altro. Doveva correre.

    Era cambiato ben poco a Ferla, tra i balconi e le chiese barocche, le viuzze ed i cortili, il tempo si era fermato, era sempre il solito, tanto amato quanto odiato, paese con più chiese che bar. La gente vive con le porte aperte e sedie davanti all'uscio. Un forestiero non passa inosservato. Ma questo era l'ultimo dei pensieri di Andrea. Ci aveva messo troppo tempo ed erano già le undici e mezza.
    Accostò la macchina e rilesse il foglietto. Cosa non torna mai indietro? In un paese con poche anime, dove il tempo sembra non scorrere? Il tempo. Doveva cercare un orologio. L'unico possibile era l'orologio del campanile della chiesa di Sant'Antonio, il solo che sia riuscito ad attraversare guerre e terremoti, a dispetto del suo gemello che durante un terremoto crollò, lasciando la chiesa mutilata.
    Nonostante gli anni trascorsi ricordava ancora bene le strade, in fondo erano solo due, non ci si poteva perdere. Arrivò nella piazza che mancavano dieci minuti a mezzogiorno. Lasciò la macchina proprio davanti al portone, tra le proteste degli anziani, ed entrò nella chiesa deserta. Per accedere al campanile si doveva salire una vecchia scala a chiocciola e, una volta su, farsi largo tra gli escrementi di colombe. Era l'ora. Il meccanismo fece scattare il batacchio e la vecchia campana lo assordò mentre cercava un qualsiasi segnale della presenza di Carla. Si trovava dietro l'orologio di vetro. Poteva vederne le lancette quasi sovrapposte. Si accorse che quella dei minuti era montata sotto quella più piccola delle ore. È strano a quali particolari si faccia caso sotto pressione. Avvicinandosi fin quasi a toccare il meccanismo, notò che sulla lancetta dei minuti era stato scritto in piccolo “Panta Rei” e su quella delle ore “Lica”. A mezzogiorno in punto l'ultimo scatto dell'orologio sovrappose le lancette coprendo parte del motto latino. La parola che si leggeva era chiara per Andrea: “Pantalica”, la grande riserva naturale della quale Ferla è la porta. Chilometri di rocce e boschi sopravvissuti ai secoli, rifugio per gli uomini sin dai tempi dei tempi.
    Carla si trovava da qualche parte nella riserva. corse a prendere la macchina nella piazza e guidò fino al varco per Pantalica più vicino.
    Erano le tredici. Aveva tempo prima di sera. Ma non sapeva dove cercare. Ripensò alle lancette invertite. Se fossero state nell'ordine giusto a mezzogiorno avrebbe letto solo “Panta Rei – tutto scorre”. L'Anapo. Il fiume. Carla si trovava da qualche parte lungo il greto in fondo alla valle. D'inverno la vegetazione rendeva difficoltoso percorrere il bordo del fiume. Sfidò il freddo lanciandosi in acqua perché sapeva esser l'unica via percorribile. Controcorrente, facendosi largo tra le piante, le rocce e gli alberi caduti, osservava la luce del sole abbandonarlo. Stava assiderando e si era fatta sera. Quell'amata valle stava diventando il suo incubo.
    Ormai al buio anche di speranza, notò una piccola luce, in alto alla sua sinistra. Proveniva dall'antica chiesa Bizantina. In realtà si trattava di una grotta paleolitica adibita a chiesa durante la persecuzione dei cristiani, e che ebbe una seconda vita grazie alle messe nere. Andrea aveva sempre avuto terrore di quel luogo e di quello che restava dell'affresco rappresentante la Trinità, ma non aveva più tempo per la paura.
    Carla stava distesa immobile sulla roccia che fece da altare, illuminata da poche candele accese tutto intorno a lei. Andrea corse verso di lei e la strinse in lacrime e fu allora che sentì il ronzio che aveva ignorato per tutto il pomeriggio. Un drone stava a mezz'aria proprio di fronte lui. Due uomini incappucciati entrarono nella grotta stagliandosi davanti l'uscita. Uno reggeva in mano il joypad che comandava il drone, mentre l'altro teneva un fucile spianato contro di loro. Andrea si sentì impotente e rabbioso.
    L'uomo col telecomando parlò: “Siamo alla fine di Deus Ex Machina. L'ultimo e più estremo dei reality. Ora chiediamo a voi, nostri padroni, nuovi dei, se la ragazza deve ricevere l'antidoto o morire. Avete cinque minuti per votare” e tirò fuori da una tasca una siringa piena per metà, poggiandola per terra. Andrea urlò contro i suoi aguzzini che lo ignorarono. Avrebbe voluto lanciarsi e prendere la siringa, ma il fucile lo avrebbe falciato prima. L'uomo col telecomando ora reggeva anche uno smartphone dove stava controllando dei dati che scorrevano sullo schermo. “Abbiamo cinquantamila followers”, sussurrò.
    Poi ad alta voce: “il popolo ha votato. Morte”. E schiacciò la siringa. Andrea urlò con tutto il fiato che aveva in gola lanciandosi contro gli assassini di sua figlia, ma fu falciato dal fucile e cadde a terra. Guardò la piccola Carla ormai esanime mentre la vita lo abbandonava, solo sul freddo pavimento.
    “DEM finisce qui, ma torneremo. Un altro luogo, un altro canale, altre vite da mettere in gioco. Solo per voi nostri padroni, nostri Dei Ex Machina.
    Stay tuned”.
     
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    complicatrice

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    aliena decisamente

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    Postato dall'autore in sostituzione di quello postato da OL, a causa della manutenzione del sito.
    I file sono uguali e quello di OL viene spostato.

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  3. Befana Profana
     
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    Mi è piaciuto moltissimo questo tuo racconto.
    Già non era facile fare un vero thriller in poco più di 10000 caratteri e ci sei riuscito, caratterizzando anche i personaggi e le situazioni; ma in più hai anche racchiuso il racconto nella cornice, in incipit e in chiusa, dello snuff-movie in diretta, di questa specie di web reality in cui qualcuno permette agli spettatori di decidere di vite umane.
    Davvero molto bello, tutti i miei complimenti.
     
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    Ciao compagno dell'avventura! Un gran bel racconto, complimenti. Mi ha trattenuta incollata allo schermo dall'inizio alla fine. Devo ammettere che l'incipit mi aveva portato a sospettare che la storia fosse ambientata in un programma televisivo. Tuttavia, l'hai sviluppato così bene, andando a superare le mie aspettative da lettrice. I personaggi sono caratterizzati in un maniera molto visibile, e così anche i luoghi. Una scelta che ho apprezzato molto. Non è facile creare un thriller in uno spazio ristretto e ci sei riuscito molto bene. Bravo.
     
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3 replies since 1/10/2017, 22:19   52 views
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