Olimpiadi Letterarie

Monna Lisa Cafè

Gruppo Cuori - genere Chick lit

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  1. Hindefuns
     
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    “I siti di incontri sono sopravvalutati. Come si fa ad affidare a un algoritmo la scelta della propria anima gemella? E poi le foto sono tutte ritoccate: credi di contattare George Clooney e ti ritrovi a cena con Anthony Hopkins. Si lo so che anche Sir Anthony è un gran bell’uomo ma ha ottant’anni! E poi non potrei mai andare a cena con Hannibal Lecter”.
    “Stai divagando Sara e io dovrei buttare giù qualche idea e una presentazione per quelli della Cliss”.
    “Ma è tra venti giorni. Oggi è venerdì. La giornata mondiale degli appuntamenti. E tu sei sola”. Disse l’ultima frase con una teatralità troppo calcata e il “sola”, in particolare, le uscì grave , quasi sospirato, istigando uno scatto nervoso nell’amica.
    Aveva colpito nel segno.
    Sara e Michelle si erano conosciute al cinquantesimo piano del meraviglioso palazzo di vetro dove, tra le altre, aveva sede la Sandy Reiman PR, una piccola ma aggressiva agenzia pubblicitaria di Manhattan.
    Entrambe del Minnesota , avevano scoperto che una volta assaggiata la Grande Mela non puoi più farne a meno.
    Condividevano un piccolo appartamento a Hoboken e viaggiavano sempre insieme in treno.
    Sara era l’anima della festa, ottimista e maliziosamente stupida.
    Michelle invece aveva la testa al cinquantesimo piano ma il cuore in garage. O almeno così le ripeteva l’amica.
    “Sono d’accordo con te Sara. Non mi iscriverò ai siti d’incontri. Sono una pubblicitaria, mi piace vendere ma odio vendermi. Prima o poi verrà il mio momento”.
    Sara alzò le braccia al cielo contenta di aver portato l’amica proprio dove voleva. “Lo vedi? Siamo d’accordo. Niente siti. Ma tu hai un debito con questa città. Vivi qui ormai da un anno e non hai avuto che due appuntamenti. New York è la città dell’amore e tu abbassi di molto la media”. Ora era alle spalle della scrivania di Michelle e le massaggiava la schiena. In tutto l’open space dell’ufficio “creazioni” erano rimaste solo loro. “Non puoi nasconderti qui sabato e domenica. La sicurezza ti butterà fuori!”
    “Va bene. Ma se non invento qualcosa per vendere il nuovo rossetto, la signora Reiman lo userà per disegnarmi un bersaglio sul culo!”
    “Saremo a casa già per cena. Voglio solo offrirti un caffè!”.
    Michelle tentò invano di leggere tra le righe, quindi domandò sospirando una spiegazione.
    “C’è un caffè italiano al Village dove si dice che avvengano miracoli. È un bar frequentato da single. Devi solo entrare, sederti ed ordinare un espresso italiano. Non un cappuccino o un frullato bada bene. Bevi il caffè e ti rilassi. Poi, al momento di pagare vai alla cassa. E qui avviene la magia. Se la cassiera ti dice che il conto è pagato allora vuol dire che sei piaciuta a qualcuno. La ragazza non ti potrà rivelare chi, ma ti chiederà di tornare un dato giorno ad una data ora per un secondo caffè. E quello sarà il tuo appuntamento al buio. Semplice no? Tu entri, ti guardi in giro e, se vedi più principi che ranocchi allora vale la pena buttarsi”.
    Michelle era prevenuta verso le idee dell’amica ma decise di accettare. L’unica preoccupazione che l’assillava sarebbe arrivata al momento del conto con eventuale appuntamento. Lei si considerava carina, ma, nella sua mente, per gli standard newyorkesi era appena passabile, con “quell’aria e quei fianchi da campagnola”.
    Il Monna Lisa Cafè faceva angolo tra la quinta e la settima strada nell’East Village. La facciata in legno nero lo rendeva quasi anonimo tra le pittoresche costruzioni della zona, ma le ampie finestre a volta regalavano una bella visuale degli interni chiari ed illuminati, tanto da incuriosire chiunque fosse passato da là.
    Quando Michelle entrò si sentì subito a suo agio. l’atmosfera era calda, cordiale e volutamente rilassata. Il locale era abbastanza ampio ma lo spazio non abusato ed ogni tavolo aveva il proprio respiro vitale. Il colore predominante era il bianco. Decisamente un posto rilassante dove nessuno sembrava far caso agli altri, tanto che la ragazza si domandò se la storia che le aveva raccontato Sara fosse vera.
    Michelle ordinò il famoso caffè italiano mentre Sara prese un cappuccino perché non voleva competere con l’amica.
    Il caffè era buono e la conversazione piacevole. La sensazione di esser come su di un piedistallo ad un’asta, oggetto delle attenzioni e dei giudizi degli altri clienti era strana, appagante in maniera perversa.
    Arrivò il momento di pagare e la delusione si dipinse negli occhi di Michelle quando Ruggero, il proprietario del locale, iniziò a sommare le chiamate del conto. L’uomo, alzati gli occhi per un attimo, si accorse della sofferenza della ragazza che aveva di fronte e, dopo un primo tentennamento, le disse: “sai che c’è? Visto che non sembra esserti piaciuto, stasera il caffè lo offro io”. Michelle fu spiazzata dalla frase dell’uomo e una rabbia sorda le risalì insieme all’amaro sapore di caffè dallo stomaco. Non voleva la pietà di nessuno, figurarsi la carità del barista.
    Ruggero lesse le emozioni della donna e decise di spiegarsi: “Se esci dal mio locale con la faccia triste mii fai una pessima pubblicità. Quindi offro io, in cambio di un sorriso”. Free climbing sugli specchi. Ma pareva funzionare.
    Ruggero aveva capelli castani e occhi azzurri. La barba lunga, perfettamente in equilibrio tra l’hipster e il biker, spiegava di lui che non perdeva troppo tempo in bagno a curarsela senza però risultare trasandato. Uno e ottanta e fisico massiccio completavano il quadro facendone proprio un bel tipo per gli standard del Minnesota.
    Ma il duello era appena iniziato. “Io lavoro nel marketing e, credimi, la garanzia soddisfatti o rimborsati, non funziona così. Andrai in rovina se offri da bere a tutte le ragazze tristi che passano da qua”.
    “Non a tutte. Solo a quelle che resistono ai pescecani”, disse indicando con la mano la sala.
    Michelle si indispettì. “Non sono stata reputata così interessante da farmi offrire un caffè. Questo non è resistere”. “No, se la vedi così no. Ma conosco tanto questo piccolo oceano da dirti con certezza che i pescecani si lanciano anche sulle carcasse ma evitano creature più forti di loro. Se ti va domani pomeriggio potremmo discutere ancora di dilemmi da National Geographic, a questa stessa ora”. Quindi fece un inchino con rotazione sulla testa della mano destra e si congedò per andar a portare ad altre due ragazze dei caffè e tante speranze.
    Sara era così eccitata che non riusciva a stare zitta. Invece Michelle era insolitamente calma. Una calma apparente che nascondeva un vortice di insetti impazziti che le saltavano e sbattevano su e giù per tutte le interiora. Aveva già perso il controllo e non era da lei. Doveva recuperare la zona di fiducia o si sarebbe bruciata.
    A casa iniziò a pensare alla presentazione ma gli eventi della serata bussavano prepotenti al suo cervello distraendola. Finché le venne l’illuminazione. Rossetto e caffè come complici nel balletto del corteggiamento al buio in un certo bar del Village. Una leggenda metropolitana che diventa reale se la si sogna tale. Adatta a qualsiasi donna. Non una modella, ma la ragazza tipo che si incontra davvero per la Grande Mela. Ordinare un caffè per lanciare un segnale, ma farlo indossando quel rossetto, affinché sia inequivocabile: “non sono qui per esser scelta, ma per scegliere”.
    Questo sarebbe stato il claim della campagna. E avrebbe anche scritto degli articoli e commenti sui siti locali. La leggenda sarebbe diventata virale. Avrebbe fatto innamorare New York. E si sa: se New York si innamora, tutto il mondo le va dietro.
    Spedì tutto al suo capo e andò a dormire soddisfatta ed eccitata per l’appuntamento dell’indomani.
    Ruggero l’aspettava al bancone ma quando la vide arrivare fece segno alla ragazza che stava alla cassa di sostituirlo e le andò incontro.
    “Salve malinconia. Oggi cappuccino e scones, chissà che un po’ di dolcezza non ti restituisca il sorriso”.
    Dopo aver rotto il ghiaccio, Michelle domandò a Ruggero della leggenda del caffè italiano.
    “In realtà non ho creato io questa storia, anzi la detesto. Ho aperto questo posto per stare tranquillo. Odio la confusione, la rifuggo. Non ho mai pensato di diventarci ricco, ma di invecchiarci sereno, conversando ed osservando il mondo passare davanti i miei occhi. Questo locale deve restare tranquillo. Quindi ti prego di non raccontare a nessuno la storia del caffè.
    Anche perché sarei costretto a toglierlo dal menu. Ed è il mio preferito.
    Michelle giurò sentendo nella sua testa un gallo cantare tre volte.
    Venti giorni passano in fretta quando ti stai innamorando. Anche se l’ombra della colpa ti pesa sul cuore. Fino alla fine sperò che la Reiman bocciasse il progetto. Invece questa la approvò entusiasta dicendole che ormai le case cosmetiche inseguono donne comuni che sognano favole con i piedi per terra. La campagna sarebbe partita presto e a tappeto per tutta la città e poi chissà.
    “Successo. l’hai inseguito così tanto ma quando arriva non ti piace. O perlomeno non è buono come gli scones di Ruggero. E poi che senso ha se non lo si può condividere con l’uomo che è nei tuoi pensieri?”.
    Michelle uscì dal palazzo di vetro distrutta dal rimorso. Arrivò al Monna Lisa Cafè col cuore in gola. Presto tutto questo sarebbe stato distrutto dalla fama. Forse Ruggero l’avrebbe accettato ma la pressione l’avrebbe cambiato.
    Entrò e chiese alla ragazza al bancone un caffè italiano. Fu Ruggero a venirle incontro con un cappuccino in mano: “per te meglio questo. Non voglio che ordini caffè qui. Sai, sono italiano e geloso”. Il sorriso circondato dalla barba era irresistibile e lei scoppiò a piangere lasciandolo perplesso con la tazza ancora a mezz’aria. “Ti prego di perdonarmi. Non posso più farci nulla. Ho fatto una cazzata ma se potessi tornerei indietro”. l’uomo si sedette preoccupato e chiese spiegazioni. Michelle raccontò tutto. Ogni parola corrispondeva ad una lacrima e ogni lacrima allungava il cappuccino ormai tiepido e salato. Ruggero la guardò in preda ad emozioni contrastanti. Michelle credette che l’avrebbe buttata fuori dal locale. E forse inizialmente l’idea gli balenò in testa. Poi scoppiò in una sonora risata: “hai rovinato il mio miglior cappuccino. Se volevi così tanto un caffè come lo bevete voi americani potevi andare da Starbucks”. Quindi sospirò guardandosi intorno. “Sai, non è la prima volta che questa storia in un modo o nell’altro viene fuori. Ormai so come affrontarla. Cercherò due biglietti per Roma e per un po’ chiuderò il locale. Giusto qualche settimana, il tempo di deviare l’entusiasmo verso uno degli altri cinquanta o sessanta caffè italiani di New York”.
    Michelle, che ancora non si era ripresa, chiese singhiozzando per chi fosse il secondo biglietto. “Per te se accetti, mia rovina. Ti devo un secondo caffè. Ricordi la storia? Se vorrai lo berremo insieme in un bar sul ciottolato di fronte i Fori Imperiali”.
     
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  2. MyaMcKenzie
     
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    Ho gli occhi a cuoricino. Complimenti, Hindefuns, davvero piacevole questa storia.
    Attenzione alle minuscole dopo i punti e alle eufoniche che sono fastidiose.
    Comunque, bravo, davvero.
     
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  4. Angy C.
     
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    Splendida storia Hindefuns. Ti giuro che il genere romantico non è tra i miei favoriti, ma, da ora, se tu scrivessi un romanzo d'amore lo leggerei subito. Bellissimo, sono ancora commossa :)
     
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    Commossa anch'io. Davvero una bella storia. Bravo. Sono colpita e affondata. Mi hai stupito. Complimenti dal cuore!
     
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4 replies since 21/10/2017, 07:58   61 views
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