Olimpiadi Letterarie

Giltinè Moria e la Monaca di Sbronza – Frammenti del passato: la principessa Miriam

Brano di Angy e Aima

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  1. Aima
     
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    La luna piena illumina la spianata attorno al grande castello della contea di OL, facendo risaltare il bianco delle numerose tende che la ricoprono. Sono notti di tensione e silenzio quelle che precedono l’inizio dei grandi giochi, e questa non fa eccezione. I concorrenti stanno chiusi nei loro alloggi improvvisati a concentrarsi o siedono sulla soglia ad affilare le spade e tendere la corda dei loro archi. Qualcuno dorme, altri sono troppo agitati per farlo, nessuno circola per le strade della città castello.
    Tra le ombre dei vicoli una più scura ne emerge, si muove rapida, senza far rumore, evitando accuratamente di posare i piedi sui bordi delle lastre di pietra che formano la pavimentazione.
    L’unico suono udibile al suo spostarsi è il dolce movimento del liquido contenuto nella borraccia legata al suo fianco; la figura si ferma un attimo, la apre e beve un sorso del suo contenuto poi procede, se possibile più fluida e silenziosa di prima.
    Anche la mezz’orca sta iniziando a sentire la tensione, ma non quella dei giochi. No, lei non ha paura delle prove del giorno dopo, alle quali partecipa per vincere e raccogliere denaro per il monastero di San Bonzo. Il suo vero scopo è un altro: ha una missione da compiere, su al castello. Ha aspettato per tanti anni questo momento e ora che è finalmente giunto non riesce a trattenere l’emozione.
    Con uno scatto felino la monaca di Sbronza salta sui tetti e corre rapida fino alla torre più vicina. Osserva l’unica finestra illuminata meditando come raggiungerla, quando sente un rumore provenire dalle sue spalle.
    - Allora, sei davvero tu.
    La voce è profonda e ruvida. Proviene da una figura alta e incappucciata che emerge dal buio.
    - Glitinè? Non posso crederci!
    - Buonasera Monaca, è tanto che non ci vediamo, - il Ladro osserva la Monaca basito - non mi aspettavo di incontrarti in questo modo!
    Giltinè pensava di non trovare anima viva lassù, a quell’ora della notte, e di certo non lei che era stata data per morta.
    - Ah, nemmeno io. Mi avevano detto che eri diventato un parrucchiere, ma non si direbbe a vederti così abbigliato e con tutte quelle armi...
    - Oh, se è per questo io temevo di avere le allucinazioni: c'è una tomba a Sbronza con inciso il tuo nome. Sarai mica un fantasma?
    - Come puoi vedere sono viva e vegeta. Tocca, tocca. Tutta ciccia mia.
    Dicendo queste parole, si avvicina al Ladro, gli prende la mano e se la posa sul seno. Provocarlo era sempre stato un divertimento per lei.
    - Sì, sì, ti credo Monaca, lasciami. Piuttosto cosa fai su questa Torre, in piena notte?
    - Chissà, e tu? Cerchi l'ispirazione per scrivere uno dei tuoi stornelli?
    - Ebbene è proprio così. Tu cosa cerchi? Il fiore raro per produrre l’acqua nanica da portare alla tua amica mezza nana?
    - No, in realtà... voglio scoprire dove dorme la Principessa.
    - La Principessa? Perché?
    Le risponde Giltinè con disinvoltura, mentre dentro di lui qualcosa inizia a bruciare.
    - Ho delle questioni in sospeso con lei. Questioni che affondano le loro radici nel passato. Se ti svelo le mie intenzioni prometti di aiutarmi?
    - In nome di cosa? Sono anni che non ci vediamo e non ti devo nulla, cosa ci guadagno?
    - Insieme potremo arrivare a Miriam. Non è forse per lei che sei qui? A me puoi confessarlo, indosso l'abito delle Monache: il tuo segreto è al sicuro con me.
    - Assolutamente no! Sono qui a osservare la luna piena in cerca di ispirazione. Comunque, forse, potrei aiutarti. Cosa ne dici di scendere e andare alla Taverna a bere un goccetto? Così potremo parlarne con calma e ricordare i vecchi tempi.
    - Sei sicuro? A quanto ricordo non ami gli spazi chiusi. O hai forse deciso di crescere, finalmente?
    La monaca scoppia in una sonora risata.
    - Ne conosco una abbastanza spaziosa.
    Risponde il guerriero, nascondendo il rossore delle guance sotto il cappuccio.
    Giltinè non si fida di lei. A dire il vero non si fida di nessuno. La Principessa Miriam è la stella più bella che abbia mai visto, nessuno deve permettersi di farle del male. Avrebbe scoperto, in un modo o in un altro, qual era l’obiettivo della donna. Dopo tutto spaccare in quattro il capello era la sua specialità.

    - Dai Gil, se bevi ancora un bicchiere ti dirò cosa ci faccio qui.
    Seduti a una tavolata della locanda la Monaca lo incalza, forte della sua resistenza all’alcol. Alla terza bottiglia di grappa d’ortica Giltinè sembra arrancare.
    Non è abituato a certi vizi, nella sua vita da ladro, ma deve tenere testa alla Monaca.
    - Ah sì? Vuoi scommettere? Allora scommettiamo!
    Sta prendendo tempo lanciandole una provocazione:
    - Se riesci a dire “sedendo carponi cogliendo foglioni, foglioni cogliendo carponi sedendo” ti svelerò anche io il motivo per cui cerco la principessa.
    L’allegria della grappa e la conoscenza della leggera dislessia della Monaca lo rendono spavaldo e audace.
    - Accetto! Al mio tre tu bevi e io dico la frase. Uno... due… tre!
    Giltinè solleva il grosso boccale e il liquido gli va quasi tutto per traverso quando sente la Monaca urlare “sedendo carponi cogliendo foglioni, foglioni cogliendo carponi sedendo”, senza ombra di esitazione.
    - Caro ladro, l’alcol fa miracoli! Pare che abbiamo vinto entrambi, ma visto che ti ho sfidato mi farò perdonare iniziando per prima a darti spiegazioni. Devi sapere che sono qui per uccidere la principessa Miriam.
    A queste parole Giltinè quasi cade dalla sedia, ma si limita a sbattere goffamente le ginocchia contro le gambe del tavolo.
    - Cosa ha fatto per meritarsi il tuo odio?
    - Lei è la responsabile dell’uccisione della mia famiglia, per colpa sua non ho mai conosciuto i miei genitori.
    - Pensavo fossero stati uccisi durante un saccheggio come ne accadevano tanti un tempo.
    - Già, è stata brava a mascherarlo. Ma attraverso una lunga ricerca sono riuscita a risalire ai veri responsabili.
    Mia madre aveva lavorato proprio qui, presso il castello della contea di OL, ma quando scoprì la vera natura della principessa se ne andò, impaurita. Anche se nessuno avrebbe mai creduto a una povera orca, la Principessa, per sua tranquillità, decise di eliminarla e un saccheggio si dimostrò la copertura perfetta.
    Solo io sono a conoscenza della verità, sono riuscita a estorcerla a un vecchio soldato che, all’epoca, era al servizio della principessa. Fu lui a uccidere mia madre, travestito da predone. Non sai cosa ho dovuto fare per trovarlo…
    Prima di morire, tra le lacrime e le implorazioni, mia madre gli svelò la verità sulla principessa. Lui non volle sentire ma, più tardi, quando si rese conto che l’orca non mentiva fuggì e si rifugió sulle montagne per non essere ucciso a sua volta.
    - Di cosa parli? Quale terribile segreto nasconde Miriam?
    - È una mangiatrice di uomini.
    - Beh, con quel corpo mi stupirei del contrario.
    Giltinè si morde la lingua, ma la Monaca non sembra aver fatto caso a quanto ha detto.
    - No, intendo letteralmente. Seduce gli uomini, li porta a letto e poi li divora. Pare che sia questo a mantenerla giovane e bella. Ora però tocca a te, non sarai mica venuto qui per farti divorare da Miriam, ti credevo più intelligente, ladro.
    - Lo sono, Monaca, lo sono.
    Il Ladro ride sotto i baffi, sta solo fingendo la sbornia: nelle Terre del Fuoco, da dove proviene, allevano i bambini con la Ciancia, un latte ad alta gradazione alcolica.
    Le affermazioni della mezz’orca danno ragione a Giltinè sui sospetti che nutre circa le sue intenzioni.
    Come può fare ora? Non vuole svelarsi con la Monaca, ma nemmeno dirle la verità. Deve rimanere al suo fianco per controllarla e salvare Miriam!
    - Vuoi la mia storia? E va bene, ma non è così romantica come credi tu. Dopo avermi addestrato, il mio Maestro decise di portarmi a OL per conoscere i giochi. Chiesi al mio migliore amico di accompagnarci. Furio era come un fratello per me. Incontrò la Principessa e lei lo sedusse. Lui soffriva, si era innamorato, ma per lei ogni uomo era come un moscerino noioso. Da schiacciare.
    - Non lo mangiò?
    Chiede sospettosa la Monaca.
    - Mhm, se quello che mi racconti è vero, allora credo che non ne abbia avuto il tempo. Furio, in quei giorni che rimanemmo nella Contea, andava da Miriam la notte e di giorno era fuori di sé, parlava alla luna, non mangiava, era come stregato. Una sera, decisi di andare a Palazzo a riprenderlo. Non ci fu bisogno di spargere sangue, lei lo lasciò a me.
    - Allora qual è il tuo scopo oggi? Perché la cerchi?
    - Perché il mio amico non è più lui da quel giorno. Non riconosce nessuno, vaga nel deserto, dice di parlare con gli spiriti. Devo vendicarlo!
    Giltinè sbatte il pugno possente sopra il tavolo, facendo tintinnare le brocche, e si erge in tutta la sua statura. Certo che, a vederlo così, fa veramente paura, pensa la Monaca che, ancora titubante, decide di credergli.
    -Bene, socio, qua la mano.
    I due suggellano il patto: si sarebbero aiutati, poi ognuno sarebbe andato per la sua strada e non si sarebbero visti mai più.
    Tornata alla sua tenda, la Monaca apre il librone degli incantesimi per cercare la formula del siero della verità. Fidarsi è bene ma non è da lei: alla prima occasione l’avrebbe fatto bere al Ladro per indurlo a confessare.
    Nel frattempo Giltinè, con un sorriso sbieco affila le lame che riflettono, al chiarore della luna, il suo sguardo gelido. Avrebbe ucciso la mezz’orca alla prima occasione, magari nella confusione dei giorni seguenti.
    Nessuno dei due sa che il destino ha deciso diversamente.
     
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