Olimpiadi Letterarie

Determinazione

Brano h+o

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    DETERMINAZIONE


    “Non è che sono razzista. Assolutamente. Ma qui non è questione di differenze. È che siamo troppi e non ci stiamo più. Ne sbarcano ogni giorno. È un'invasione. I ladri che ci comandano hanno capito che questi poveracci sono soldi che arrivano in barca e li prendono tutti. A loro danno il wifi e trentacinque euro al giorno. E io sono disoccupato e campo con la pensione di mia madre che insegnava. Stiamo collassando. Ormai vado solo io a fare la spesa. Con tutti questi neri che girano non mi fido a fare uscire mamma da sola. Che poi si mettono con le facce tristi e chiedono la carità quando invece si vede che stanno bene, sono alti e forti. Dobbiamo cambiare le cose. Dobbiamo difenderci. Io dico di cacciare chi comanda e poi anche tutti loro. Respingiamoli! Ormai siamo solo noi oggetto di razzismo.”
    Giovanni rilesse il post che aveva appena partorito e, molto soddisfatto, cliccò su condividi, quindi spense il computer. Avrebbe controllato dallo smartphone i like e i commenti.
    Andava orgoglioso del suo piccolo seguito che cresceva di giorno in giorno. Era un buon cattolico, rispettoso dello stato e della famiglia e un buon cittadino. Credeva di dover fare qualcosa per quello che sta succedendo oggi in Italia. E internet gli dava lo spazio e la maniera di farlo. Lui non era uno di quelli che qualcuno prende in giro chiamandoli “leoni da tastiera”. Lui metteva sempre la faccia in quello che faceva. Che lo criticassero. Che lo denunziassero. Tanto era disoccupato e, a quarant'anni, viveva ancora con sua madre. Non potevano togliergli niente.
    Mentre usciva per le commissioni giornaliere immaginava di guidare una protesta a Montecitorio. Voleva mandarli tutti a casa. Poi magari si sarebbe candidato lui e avrebbe sistemato le cose. Avrebbe rifiutato persino i soldi! La sua mente delirava, mentre i piedi lo accompagnavano verso lo stesso giro di ogni giorno: edicola e chiesa e panetteria. Quello era uno dei migliori momenti della giornata, la panettiera Giovanna lo accoglieva sempre un gran sorriso e lui ci fantasticava su, illudendosi che la bella ragazza mora potesse essere interessata a lui. Giovanni in fondo non sapeva un granché di donne, era stato sempre solo, circondato da pochi amici di fede e dall’ingombrante madre. Il giro quotidiano terminava quasi sempre in farmacia del suo amico Dario. Doveva entrare a comprare la sfilza di pillole che servivano alla madre per restare lucida e, soprattutto, in vita. Con Dario frequentava il gruppo di preghiera. Si incontravano due volte a settimana per lasciarsi ispirare dalla parola di Dio. Rispettava profondamente l'amico perché era coerente. Nella sua farmacia non si vendevano preservativi e, men che meno, la pillola del giorno dopo. Se una ragazza o un ragazzo fossero entrati a chiedere, Dario li avrebbe catechizzati e si sarebbe offerto di aiutarli indirizzandoli verso il Signore.
    “La vita umana va difesa perché è sacra. Non importa se è frutto di un errore”.
    Prima di far scorta, Giovanni assistette a un botta e risposta tra l'amico farmacista e un ragazzo che minacciava di denunciarlo se non gli avesse venduto la pillola. Prendere quel medicinale, diceva, avrebbe fatto semplicemente sfumare la possibilità che uno spermatozoo fecondasse l'ovulo, niente di più. Nessuna vita. E anche se vita ci fosse stata, non era voluta, ma frutto di alcool e un errore. Un bambino che non avrebbe avuto né padre né madre, anzi probabilmente non sarebbe neanche nato perché se Dario non avesse venduto la pillola, quel ragazzo avrebbe accompagnato la compagna di una sera ad abortire in ospedale. Una semplice pillola avrebbe evitato un intervento chirurgico. Dario divenne prima rosso in viso, poi, cercando di calmarsi, spiegò al futuro padre quanto Dio amasse quella creatura che non era ancora neanche nei loro pensieri. Parlò dell'amore che sarebbe sbocciato, della creazione e della vita in tutte le sue sfaccettature. Chiese infine al ragazzo, che appariva parecchio stranito, se volesse unirsi a lui in preghiera per accogliere il miracolo che il Signore gli aveva concesso. Purtroppo però il ragazzo, pur evidentemente sconvolto da quelle parole, rimase sulle sue posizioni e andò via urlando che avrebbe cercato altrove chi avesse potuto vendergli quello strumento di morte. Dario si commosse guardandolo uscire e disse che non era diventato farmacista per impedire la vita, ma per migliorarla.
    In quel momento Giovanni si sentì fiero del suo amico decise che semmai la sua lotta avesse portato i frutti sognati allora anche Dario avrebbe fatto parte del progetto. C’era bisogno di persone come lui, fiere dei propri principi, pronte a battagliare, perché questo mondo ha perso la rotta, ha perso la fede e il rispetto della vita, e invoca qualcuno che lo salvi.
    Si fermò a controllare la pagina facebook che gestiva per scoprire che il suo ultimo post aveva ottenuto cinquantadue like e alcuni commenti positivi. Ne fu orgoglioso. La gente stava iniziando a svegliarsi. Presto anche le autorità avrebbero dovuto ascoltarlo. Si sentiva bene. Perfetto. Aveva tutto. La fede, forte e decisa, non quella da rosario o messa una volta a settimana. Lui credeva davvero in Dio e nei principi della religione. Li seguiva alla lettera. Conosceva le scritture. Aveva anche tenuto un corso di catechismo per la prima confessione, ma poi si era stancato, i bambini non ascoltano. Imparano a memoria e basta.
    Aveva i suoi principi. La terra è di chi vi è nato, delle famiglie che la abitano da sempre. Non di chi la invade. Gesù scacciò dal tempio i mercanti che non avevano avuto rispetto per la sacralità della casa del Padre, così lui avrebbe combattuto contro questi invasori che non avevano assolutamente rispetto per la storia, la cultura e la fede italiana.
    Aveva le sue donne: la madre che gli aveva dedicato l’intera vita crescendolo e ispirandolo. E Giovanna, alla quale un giorno si sarebbe dichiarato e con la quale avrebbe diviso vita e battaglie, sperando di ritrovare in lei un barlume della perfezione di sua mamma.
    E, infine aveva amici fidati, come Dario, gente pronta a far le cose per bene. Gente che non si sarebbe mai tirata indietro di fronte a qualcosa di sbagliato, ma l'avrebbe combattuta e corretta.
    Giovanni si sentiva come l'ultimo dei cavalieri. E con sdegno osservava intorno a se la società corrompersi.
    Gli serviva solo un motivo. Una causa concreta che sposasse tutti motivi che lo portavano a odiare il marcio. Così quando si sparse la notizia che avrebbero aperto un centro d'accoglienza per minori al centro del paese in un palazzo privato proprio di fronte la scuola media, si sentì più felice che furente.
    Questa ennesima follia, che si voleva perpetrare a danno della brava gente, era un ulteriore prova di quanto per lo stato e autorità in genere, i bravi cittadini italiani contassero poco. Conosceva lui stesso tante famiglie che dopo la crisi erano cadute in miseria come Mauro, il bottegaio. Giovanni da piccolo andava sempre nel piccolo negozietto vicino casa, accompagnava la mamma a fare la spesa, quando ancora per le strade si poteva girare senza pericoli. Mauro gli regalava sempre un lecca lecca e quando lo salutava gli passava affettuosamente una mano tra i capelli. Era una così cara persona. Poi, a causa della crisi, aveva dovuto chiudere il negozio e, nel giro di qualche mese, era stato buttato fuori di casa perché non poteva pagare l’affitto. Adesso dormiva in macchina e come lui ce n’erano tanti. Giovanni lo sapeva bene perché col gruppo di preghiera viveva da vicino queste realtà. Una volta, erano andati pure a parlare col sindaco per degli alloggi popolari. Con voce contrita, gli aveva risposto che avrebbe fatto il possibile e invece erano solo bugie. Il palazzo, che doveva dare un tetto alle brave persone come Mauro, era stato destinato a quei piccoli delinquenti. Sì, delinquenti, perché questo erano già dalla tenera età. Lo aveva visto in diversi documentari come i neri erano abituati a vivere nei loro paesi: già da piccoli imbracciavano fucili, uccidevano, perpetravano ogni sorta di violenza e adesso questi peccatori infedeli dovevano essere accolti con tutte le comodità al centro del paese, per di più vicino a una scuola con dentro bambini puri, bambini veri!
    Questa era solo una follia.
    Giovanni non perse tempo e una volta arrivato a casa, dopo aver dato le medicine a sua mamma, si rifugiò nella sua camera a scrivere l’ennesimo post. Bisognava protestare in maniera decisa contro queste scelte ingiustificate. Dovevano alzare la voce, fare capire che la gente non era più disposta a subire e che l’ora del cambiamento era sempre più vicina. Scrisse uno dei messaggi più accorati da quando aveva creato la pagina Facebook. Stavolta cinquanta like non sarebbero bastati, ne era certo. Quel pomeriggio avrebbe avuto pure l’incontro di preghiera, bene, almeno avrebbe parlato con Dario per capire come meglio procedere nella loro protesta.
    I giorni a seguire furono particolarmente frenetici. Giovanni non si risparmiò un solo minuto. Ovunque andasse, non perdeva occasione di spiegare le sue ragioni, persino in panetteria aveva messo su un piccolo comizio. Ne era molto fiero, anche perché Giovanna era rimasta ad ascoltarlo senza perdersi una sola parola. Era certo di aver fatto breccia nel suo cuore. Lei non lo aveva mai guardato in quel modo, era stato come se lo avesse visto per la prima volta, almeno questa era l’impressione che aveva fatto a lui. Del resto non era difficile da credere. Quando parlava spinto dall’amore per la sua causa era come animato da un fuoco che lo trasformava agli occhi della gente. Non era più Giovanni il povero disoccupato ma Giovanni il predicatore! Era una sensazione incredibilmente eccitante.
    Una settimana dopo, le autorità diedero seguito al folle progetto del centro di accoglienza: una quarantina di bambini vennero portati nel palazzo dove né Mauro né nessuno degli amici bisognosi avrebbe trovato riparo. “Per loro ancora macchina, marciapiedi, panchine e freddo”, queste, furono le parole del suo ultimo post.
    La mattina dopo, appena sveglio, controllò la pagina ancora prima di alzarsi. Ottimo già centocinquanta like e venti condivisioni! Non aveva mai ottenuto un simile risultato. Era il momento giusto per cavalcare l’onda dell’insofferenza generale. L’idea gli era venuta prima di addormentarsi e adesso non stava più nella pelle dalla voglia di realizzarla. Avrebbe fatto un video denuncia. Sarebbe entrato di nascosto nel centro per mostrare a tutti come quegli intrusi, anche da piccoli, non erano normali bambini, ma solo un pericolo da estirpare. Chissà quante visualizzazioni avrebbe avuto il suo lavoro. Questo era lo scoop che gli serviva.

    Aspettò la sera Giovanni e poi armato di telecamera e buone intenzioni, entrò nel palazzo. La porta non era nemmeno chiusa lasciando a quei delinquenti la possibilità di andarsene in giro e mettere in pericolo la brava gente. Passò da una stanza all’altra ma ad accoglierlo solo silenzio, possibile che già fossero a dormire? Ci vollero pochi minuti per capire che dentro non c’era nessuno e una rabbia feroce s’impossessò di lui. Aprì il cellulare per trovare qualche notizia in merito ma nulla, poi notò un messaggio di Dario, l’unico a conoscenza del suo piano.
    La polizia ha trasferito i minori del centro perché temeva rappresaglie nei loro confronti. Incontriamoci domani per decidere come procedere.
    Giovanni, contrariato, raggiunse la porta da cui era entrato, ma era bloccata. Provò a forzarla ma nulla. Cercò allora un’altra uscita, ma anche la porta sul retro non si aprì. Poi, un frastuono di vetri rotti lo fece correre verso la sala grande dove tende e tappeti vennero avvolti dalle fiamme. Ma da dove arrivava quel fuoco? Fiaccole, fiaccole ovunque. Da ogni finestra una torcia venne gettata dentro e subito dopo un feroce martellare bloccò le imposte. Fuoco depuratore, era stato lui stesso a scriverlo in uno dei suoi post, o forse lo aveva accennato in farmacia parlando con Dario… era assurdo!
    Un terrore feroce lo travolse. Gettò in terra la telecamera e iniziò a gridare e battere con i pugni contro le uscite, ma l’odio della folla, incontenibile, fagocitò le sue richieste d’aiuto. Nel giro di pochi minuti l’aria diventò calda e irrespirabile. Il fumo bruciava gli occhi e penetrò nel naso. I polmoni sembravano infuocati e il panico lo assalì.
    “No, non voglio morire, non posso morire!” urlò.
    Come poteva Dio permettere che proprio lui, e non loro, facesse quella fine immeritata? Di colpo si ricordò del cellulare, lo prese con mani tremanti dalla tasca mentre i colpi di tosse diventavano sempre più frequenti. Col fazzoletto davanti alla bocca, cercò di comporre il numero, ma il fumo era troppo denso e non riuscì a vedere nulla. Le ginocchia gli cedettero e si ritrovò sul pavimento a boccheggiare. Il cellulare al suo fianco iniziò a emettere dei piccoli suoni continui: le notifiche al suo ultimo post programmato. Liberiamoci una volta per tutte da questi invasori e rinasceremo come l’araba fenice. Sì, ricordava, era così che aveva scritto. Ci risolleveremo dalle loro ceneri.
    Fu l’ultimo pensiero prima del buio.





    Edited by Flora* - 2/11/2017, 20:19
     
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  2. Flora*
     
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    Autori Hindefuns e intrusa2
    Voto 8,5
    Coerenza stile 4
    Uso del tropo buono per intrusa che prende 4, per Hindefuns invece non ci siamo tanto, voto 1, Il personaggio ha opinioni estreme ma è malvagio in forma molto blanda per le sue convinzioni, manca la crudeltà e l'ipocrisia consapevole del templare tautologico.
    Intrusa 2 può palesarsi se vuole.
     
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    :emoticons%20lavoro%20(33): eccola, la vedo...l'intrusa 2 Il suo nome inizia per l e finisce per n... fa sempre la scema...ops, sono io :Emoticons%20%28192%29:
     
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  4. Achillu
     
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    Brava Lean e bravo anche Hindefuns che, però, non ho azzeccato :(

    Coerenza di stile 4 meritatissima! Mi è piaciuto anche il racconto.
     
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