Olimpiadi Letterarie

Crescere

Sfida III - Umoristico

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    Vessatore di pterodattili

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    Crescere

    Non si nasce cattivi: lo si diventa.
    Che poi, cattivo è proprio una parola grossa.
    Ne avevo conosciuti a vagonate di cattivi, anche senza fare l’ispettore o la guardia carceraria; li avevo esaminati, visti in azione, valutati, messi in ordine secondo una personale scala di valori: più figo, più carismatico, più potente, più spietato. Più figo, principalmente.
    Darth Vader è un cattivo.
    Freezer è un cattivo.
    Orochimaru è un cattivo.
    Io non sono un cattivo. Io sono un eroe. Un difensore. Sono un martire incompreso.

    Avevo sempre avuto una vita meravigliosa, fatta di anime, serie tv, videogiochi: serate in-cre-di-bi-li davanti al 48 pollici.
    Avevo il mio lavoro part-time di web-designer, e via, zero uscite, zero viaggi, zero bisogno di spaccarsi abbestia in disco o al parcheggio dal paninaro, o al centro commerciale con quei quattro gatti patologici della ghenga di Poldo.
    Ah, benedetta tecnologia. Preferisco un solo Goku a cento Poldo e i suoi sciamannati.
    Era una vita perfetta, perfetta fin quando non è arrivata lei.

    Premetto: non avevo mai avuto una ragazza, mai neanche di striscio; in terza media c’era la Alessia che mi aveva scritto la letterina e si era presentata per un bacio sulla bocca, sì, ma ricordo di averla guardata malissimo e risposto Torna quando assomiglierai a Lara Croft.
    E niente, non tornò mai.
    Per il resto, nulla. Sapevo com’era fatta una donna sotto il pigiama grazie a due cose: il libro di scienze delle elementari e Casca di Berserk. Sì, quella che rimane nuda dopo esser stata salvata da Gatsu e si vede un po’ tutto.
    Gran donna Casca.
    Bettina non assomigliava né a Lara Croft né a Casca, ma era comunque una discreta ragazza. Fina fina, tutta impettita, nasino all’insù, con il tailleur e la borsetta abbinata: discreta ragazza insomma. La incontrai quell’unica volta che mi toccò andare al polo accademico per una stupida firma; va a sapere cosa ci vide in me, fatto sta che mi si attaccò come una cozza in ascensore e non mi mollò più. E sei alto, e sei carino, e prendiamo un caffè, e sei pacioccone.
    Lì per lì ero estasiato. Che una ragazza, intendo una vera, mi distinguesse in qualsiasi modo dalla tappezzeria era qualcosa di in-cre-di-bi-le. E ne ero felice, oh se lo ero! Fantasticavo già di quali incredibili avventure avremmo potuto vivere assieme, io Ash tu Misty, e avrei voluto sganciare un poderoso gesto dell’ombrello a tutti quelli, padre, madre, zia, cugino ricco, Leo l’edicolante, che avevano osato dire che sarei rimasto vergine a vita.

    Per un po’ sembrò funzionare. Bettina era veramente un amore, protettiva, attenta a tutto; mi mandava il whatsapp del buongiorno, del buon pranzo, della buona merenda e della buonanotte, si preoccupava che mangiassi, che dormissi, che lavorassi, che andassi a trovare la nonna. Che facessi i cazzi miei, quello mai.
    Ci sposammo presto, e fu una decisione alquanto unilaterale. Sua. Non seppi dirle di no, e inizialmente ne ero ben contento, anche se aveva rifiutato la cerimonia in stile klingoniano che avevo sempre sognato.
    Ma quando andammo a vivere da me, perché suo padre l’aveva diseredata conoscendo il mio reddito diversamente faraonico, iniziarono i primi problemi.
    Ne avevo avuto già un sentore al momento della proposta di matrimonio: se un uomo ti chiede Vuoi diventare la mia principessa Leila? non puoi, non è possibile, fissare il vuoto e non capire.
    Bettina non capiva. Bettina non amava i manga, gli anime, i grandi film di fantascienza, il fantasy. Non capiva un accidente di queste cose e, ancora peggio!, non le piacevano.
    Non le piacevano.
    Iniziavo a parlarle con entusiasmo dell’ultimo Star Wars, che era un filmone in-cre-di-bi-le, che c’era il furto dei piani della Morte Nera, e lei? Lei mi interrompeva, con quel sorrisetto compassionevole e il dito indice mosso di qua e di là, e diceva Dai, trottolino, lo sai che sono cose da bambini. Devi proprio crescere un pochino.
    Crescere?
    Ci sono più lezioni di vita in L’Impero Colpisce Ancora che in dieci anni di vita lavorativa!
    Ma quale crescere? Quali cose da bambini?!

    Avevo cercato di spiegarle. Vedine uno, le dicevo, o guardiamoci lo special sui Cavalieri dello Zodiaco, vedrai che, scoprirai che, imparerai che: ma lei niente, non voleva neanche provarci, neppure darmi la soddisfazione.
    Io ti farò crescere, trottolino, aveva preso a dire.
    Crescere?
    Quale crescere?
    All’inizio sopportai. Pensavo: pazienza, non condivide la mia passione. Pazienza: gli opposti si attraggono. Ma quel dito mosso di qua e di là, quel sorrisetto compassionevole, cominciarono a darmi sui nervi. Ma sui nervi proprio. Così sui nervi che dovevo trattenere le Sette Stelle di Okuto che sentivo bruciarmi sul petto per non esplodere in una nerd-rage che avrebbe fatto tremare l’intero condominio.
    La volta che le Stelle saltarono, diedi sfogo a tutta la mia frustrazione: Bettina non fece una piega. Continuò a sorridere, del tutto indifferente, con una calma che neppure Maestro Splinter.
    Anzi, nei tempi successivi divenne se possibile ancora più amorevole e maestrina, e disse una frase, quella frase, che mi sognai la notte: Io ti guarirò, trottolino. Ti farò crescere!
    Crescere?
    Ma quale crescere?

    Intrapresi infine la via del Lato Oscuro quando, tornando dal Lucca Comics la domenica sera, scoprii che dalla collezione originale di statuette dei Pokemon era sparito Bulbasaur. Quando le chiesi notizie, mi rispose candidamente che l’aveva regalato al figlio di Donatella, la donna delle pulizie, che era il suo mostro preferito.
    Fu una pugnalata. Un calcio nelle palle.
    Regalato.
    Al figlio di Donatella.
    Mostro.
    Bulbasaur della Tomy. Originale. Fatto arrivare dal Giappone.
    Decisi che era troppo.
    Che volevo il divorzio immediato.
    Alimenti.
    Quella parola fu un secondo calcio nelle palle. Diseredata. Alimenti. Reddito diversamente faraonico.
    Alimenti.
    Fine degli acquisti su Amazon, delle consolle. Delle trasferte all’E3 o a Lucca.
    Il divorzio non poteva essere la soluzione.
    In tutto questo, Bettina non aveva fatto una piega, non aveva smesso di sorridere. E aveva ridetto la frase, quella frase.
    Io ti guarirò, trottolino. Ti farò crescere!
    Crescere?
    Ma quale crescere?

    Quando scoprii che la mia amata prima serie originale in giapponese di One Piece era stata gettata via per fare spazio, perché tanto non li leggi mai e sono scritti incomprensibili, fu la goccia che fece traboccare il vaso.
    Mi chiesi cosa avrebbe fatto un cattivo, uno vero, come Poison Ivy, al mio posto, e la risposta mi parve evidente. Ma non dovevo rischiare, no, dovevo uscirne pulito, così pulito che neanche il detective Conan avrebbe potuto inchiodarmi.

    Provai prima con il cianuro, alla tavola calda. Conoscevo il titolare, Giangio, uno sfigato che aveva spasimato per anni dietro a Bettina. Glielo avrei sciolto nella cola, lei si sarebbe sentita male, Giangio sarebbe stato il primo e unico indiziato dell’avvelenamento.
    Un piano in-cre-di-bi-le.
    Ma va a sapere come, quella coca lei non la bevve. Neanche una goccia.
    Insistei per portarcela a casa, che la bevesse dopo, ormai era pagata, ma niente: neanche una fottuta goccia. E solo l’apparizione di Minerva nel mio subconscio m’impedì di tracannarla io stesso, per errore, molte ore dopo.
    E ad aggiungere il danno alla beffa, l’indomani la mia statuetta di Pegasus finì smontata, caduta. Ma poco male, sorrideva comprensiva lei, sei grande ormai per questi giocattoli.
    Grande?
    La seconda volta provai a pensare a cosa avrebbe fatto Darth Vader al mio posto, e il Soffocamento della Forza mi parve un’opzione più che plausibile. Così attesi una serata nel quale feci scorrere molto barbera e molte noccioline. E quando infine Bettina crollò assopita, cominciai a riempirle la bocca di arachidi, ghignando come il miglior dottor Destino, aspettando il momento in cui si sarebbe svegliata e, mandando tutto giù di botto, mi avrebbe finalmente liberato della sua educativa presenza. Sarebbe sembrato un incidente, una serata brava finita in tragedia, e Vader sarebbe stato fiero di me.
    Ma va a sapere come, quando infine si destò, otto ore dopo, mandò giù tutto d’un colpo e ne sorrise con tanta naturalezza da sembrare la cosa più normale del mondo. Il giorno stesso, mentre dormivo esausto per la lunga veglia, mi sparirono le action figure di Sailor Moon.
    Regalate all’asilo di Carolina, la cugina piccola, che la maestre apprezzano sempre i regalucci per far giocare i bambini.
    Ero sull’orlo della crisi di nervi.
    Ti farò crescere!, aveva ridetto.
    Crescere?
    Ma quale crescere?

    Le provai tutte nei mesi a seguire.
    Dal Joker mi venne l’idea della trappola assassina con una semplice matita, che va a sapere come, si spezzò.
    Gill di Street Fighter e la sua Pirocinesi mi lanciarono l’intuizione di un incidente col fuoco: l’unica cosa che bruciò, quella sera, fu il Naruto Shippuuden autografato da Kishimoto.
    Pensai anche all’ipotesi Majin Bu; trasformare Bettina in una caramella si rivelò però impossibile, complici un forno troppo piccolo e la sua intolleranza al glucosio.
    E intanto continuava a sorridere, a dire che ero troppo grande per tutti quei giochi, quei fumetti.
    Ad agitare quel dito di qua e di là.
    A promettere che saremmo diventati una bella famiglia matura.
    Famiglia.
    Matura.
    Goccia a goccia quella strega, quell’anima di kryptonite, si prendeva la mia felicità, la mia integrità. Le provai tutte, la supplicai persino di andarcene a vivere ognuno per fatti suoi, ma niente: era così appiccicata, così dannatamente innamorata, che neppure Harley Queen col Joker.
    Alla fine capii che per vincere quella sfida non avrei dovuto essere un cattivo, perché io non sono cattivo. Sono un eroe! Sono un martire incompreso.
    Era un bel pomeriggio, ed era appena sparita anche l’ultima evoluzione di Eevee superstite dalla teca. Mi fiondai sul balcone, dove Bettina stendeva i panni.
    Dov’è Vaporeon?!, le chiesi urlando, fuori di me, col cuore in gola.
    Lei sorrideva, beata. Sai, al figlio di Donatella piaceva quello azzurro, e così…
    Amavo Vaporeon. Più di tutte le altre evoluzioni messe assieme.
    Io ti guarirò, trottolino. Ti farò crescere!, aveva detto una volta di più.
    Crescere?
    Ma quale crescere?
    Fu lì, in quel momento, che mi sovvenne chi ero veramente.
    Non un Darth Vader, non un Joker, non un Gill e neppure un Majin Bu.
    Bettina si era appena girata per appendere la mia t-shirt dei Cavalieri dello Zodiaco, già stinta tre volte. Sirio mi guardava, pallido e scolorito.
    Lei era lì, sporta oltre la ringhiera.
    Feci l’unica cosa che il cuore mi disse in quel momento.

    COLPO SEGRETO DEL DRAGO NASCENTE!

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  2. Mari.q
     
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    Muoio!
    Bravissimo Fante, sono morta dalle risate, ammetto che no ho capito tutti i riferimenti e me li sono andati a cercare: sei un genio!
     
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    Confermo: un vero genio. Mi sono divertita da matti leggendo il tuo racconto! Grazie per le risate! Un applauso scrosciante! Bravo!
     
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    Grazie, troppo gentili. :)
     
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3 replies since 2/11/2017, 23:57   46 views
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