Olimpiadi Letterarie

Antonia e altri guai

Finalina - genere metaracconto

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    Antonia e altri guai

    L’Autore accese il portatile e, mentre aspettava che si avviasse, pensò alle idee confuse che gli girovagavano per la testa. Nessuna lo convinceva abbastanza. Gli mancava la materia prima: l’ispirazione.
    Nonostante i buoni propositi, continuava a essere in forte ritardo sulla tabella di marcia. La casa editrice non lo sapeva, come lo erano all’oscuro i suoi fans. Se non avesse consegnato la bozza in tempo avrebbe pagato pure una penale. Un vero disastro, pensò sconsolato.
    Non riusciva più a scrivere. Le parole se n’erano date alla macchia. Non era nemmeno capace di trasmettere emozioni. Per uno scrittore all’apice di carriera significava solo una cosa: finire presto nel dimenticatoio.
    Con le feste alle porte, la casa editrice aveva anticipato l’annuncio del suo ritorno in grande stile. Le radio e le TV locali fremevano di intervistarlo. I suoi lettori, ansiosi di scoprire il contenuto del nuovo romanzo in uscita a Natale, gli facevano appostamenti sotto casa.
    Non avrebbe potuto evitarli a lungo. Non meritavano di essere ingannati. Doveva almeno provare a combattere, prima di gettare la spugna.
    Senza indugiare oltre, aprì un nuovo documento e scrisse: Capitolo Uno.

    Dopo un’ora abbondante, in cui fissava lo schermo in attesa dei miracoli, il cursore era sempre al punto di partenza. L’Autore arricciò il naso, infastidito.
    Cos’era che lo bloccava? Bastava creare una donna avvenente, con un seno prosperoso e due fari luminosi, e un uomo pieno di grana capace di soddisfare ogni suo desiderio. Che ci voleva? In fondo il mercato non chiedeva altro che un po’ di pepe per catturare l’interesse delle casalinghe disperate. Gli uomini, era risaputo, sbavavano sempre dietro un paio di gambe lunghe sotto una minigonna.
    Mentre stava riflettendo su cosa fare per uscire dalla crisi, l’occhio gli cadde sul monitor. Sotto il titolo qualcuno aveva aggiunto una frase: Il viaggio di Antonia. L’Autore si alzò dalla sedia e, puntando il dito sullo schermo, esclamò preoccupato:
    «Non sono stato io!»
    E se non fosse stato lui, chi diavolo aveva scritto quelle parole e cosa significavano?
    Il cursore lampeggiò e cominciò a correre velocemente. L’Autore, ancora in piedi, seguiva esterrefatto le lettere formare una frase dietro l’altra.
    Questa casa non è più un luogo sicuro. Questa casa non mi appartiene più. Ho deciso di partire e lasciare tutto com’era prima che il vento portasse via anche l’ultimo dei nostri ricordi.
    Stringo sul petto il portaritratti con la foto di me e te sulla scogliera. È l’unica cosa che mi rimane della nostra vita felice. La metterò in valigia insieme a pochi vestiti e i libri che leggevamo la sera prima di sprofondare nel sonno.

    Non capiva. Eppure c’era qualcosa in quelle frasi secche che gli suonava familiare.
    «La scogliera!» esclamò grattandosi il mento. Non poteva essere solo una coincidenza.
    «E infatti non lo è! — proruppe una voce femminile dal tono suadente — È tutta colpa tua. Sarebbe bastato un semplice click, per cambiare le cose, se solo tu l’avessi voluto… e invece sei stato un vigliacco, come tutti gli scrittori mediocri.»
    L’Autore inarcò le sopracciglia, il viso rosso dalla collera. Nessuno mai l’aveva insultato come quella donnaccia insolente. Mediocre a lui, ma come osava?
    Il cursore lampeggiò di nuovo e si mosse a disegnare i contorni di un viso: le ciglia assottigliate, degli occhi grandi ed espressivi, una bocca carnosa, dei boccoli ondulati. Lo schermò si illuminò di tutti i colori come il cielo a capodanno, un rumore insolito parve provenire dal suo vecchio portatile.
    Quando la vide davanti a lui in carne e ossa l’Autore fischiò di sorpresa.
    «Non stare là impallato. Non si tratta così la tua nuova protagonista.»
    «La mia che?» domandò l’uomo sconcertato, le braccia incrociate sul petto. La sua era soltanto un’allucinazione, causata da stress e basta. Escludeva a priori che fosse impazzito.

    L’Autore chiuse gli occhi e si concentrò sul respiro. Doveva semplicemente calmarsi. Quella donna non esisteva. Non si trovavano nella stessa stanza.
    «Ma che fai? Dormi? E no, bello. Non puoi mollare ora. Abbiamo un libro da scrivere. Vuoi deludere i tuoi ammiratori proprio a Natale? Non sei solo uno scrittore mediocre, sei anche un uomo senza cuore. In fondo questo lo sapevo già, ma come ogni donna ingenua credevo tu potessi cambiare.»
    Il computer emise un sibilo. L’Autore si coprì le orecchie. Si gongolava sulla sedia imprecando a voce alta.
    «Basta! — urlò — Lasciami in pace!»
    «E no, qui a dire basta sono io. Smetti di frignare. Sei peggio di un bambino. Prima ci mettiamo al lavoro meglio sarà per tutti.» La donna saltò sulla scrivania e vi si sedette sopra. Osservò l’Autore contorcersi dal nervoso sbattendo le ciglia, un sorriso divertito sul volto dai lineamenti dolci.
    «Siamo ancora all’incipit. Scusa se l’ho scritto di fretta. Era solo per farti capire con chi hai a che fare.»
    «Sei soltanto il frutto della mia mente stanca. Prima o poi sparirai.»
    «Ti piacerebbe, eh? E no, bello, qui ti sbagli. Sono viva e vegeta, e soprattutto pronta a prendere in mano la situazione. D’ora in avanti comando io. Intesi?»
    L’Autore sbuffò, lo sguardo truce in direzione della donna. No, quella non esisteva. Non era vera.
    «Ancora con questi pensieri da quattro soldi? Smetti di perdere tempo. Sei soltanto uno scribacchino. Un vero scrittore non scappa dinanzi alle sue responsabilità. Ho capito, mi toccherà scrivere tutto il romanzo. Almeno avrà una bella forma e una storia decente. Niente signorine sconce e uomini prestanti senza cervello. »
    A sentire quelle parole, lo scrittore balzò in piedi di nuovo, l’indice puntato sulla donnaccia maleducata che continuava a scocciarlo.
    «Senti, smettila con questi giochetti. Non ti sopporto più, va bene. Vado a dormire e quando torno vorrei non trovarti più a casa mia. Intesi?» Spinse via la sedia e si girò indignato sui tacchi.
    «Solo bambini e vecchi fanno una siesta pomeridiana. Smettila, invece, tu di comportarti male con me. Sai benissimo che senza uno straccio di idea non andrai da nessuna parte, tantomeno riuscirai a consegnare in tempo. Ma, se accetti il mio aiuto, insieme potremmo fare delle grandi cose.»

    Non aveva tutti i torti, rifletté lo scrittore in crisi. Non era forse ideale avere un’allucinazione per socia, però il convento non passava di meglio al momento. Se le sue idee erano così brillanti come diceva, poteva forse trarne un vantaggio.
    «Sentiamo, carina, di cosa vorresti scrivere? E chi è questa Antonia? E un nome molto neutro, quasi banale. Non potevi chiamarla Samantha ad esempio? Oppure Charlotte?»
    La creatura dolce sbatté le palpebre e lo guardò in cagnesco.
    «Antonia sono io, stupido!»
    «Ah, scusa. Ma quindi vorresti scrivere di un tuo viaggio?»
    Antonia, spazientita, incrociò le braccia sul petto urlando.
    «Ma quanto sei scemo da uno a dieci? Andremo in viaggio assieme.»
    L’Autore, incredulo, si mise subito sulla difensiva.
    «Non se ne parla! Sei fuori di testa! Anzi, lo sono io che sto ad ascoltarti.»
    «E invece no, caro, non sono mai stata meglio in vita mia.» Sorrise e andò alla libreria. Prese da uno dei ripiani un vecchio globo impolverato e lo appoggio con cautela sulla scrivania. «Hai preferenze sulla destinazione?»
    L’Autore strabuzzò i grandi occhi castani. Per essere soltanto un’allucinazione era più suonata di una campana.
    «Vediamo…. Parigi no, ci avevi mandato quel riccone presuntuoso con la modella anoressica che vedeva i fantasmi dappertutto. Londra, neanche, lì si erano lasciti il banchiere tozzo e la ballerina di tango che hai ammazzato a sangue freddo. Non capirò mai perché odi così tanto i personaggi femminili. Sarà che hai avuto troppi traumi infantili…»
    L’Autore alzò il capo al soffitto. Si tratteneva a malapena dal rispondere, le guance viola dalla rabbia.
    «Grecia… no, lì avevi fatto sposare quel sindaco truffatore e la sua bella cacciatrice di dote. Mai una storia originale, no, eh? Tranquillo, ne scriveremo una insieme.»
    «Possiamo arrivare al dunque, per piacere?»
    Antonia fece finta di non sentirlo.
    «Irlanda, no… in inverno poi… Ce l’ho! Il Brasile! Ottimo, no?»
    L’uomo annui. Come se lo importasse. Gli bastava solo far felici i suoi lettori affezionati.
    «Se sei convinta tu…»
    «Convintissima… a lavoro ora. Dove eravamo rimasti? Ah, sì… alla scogliera.»
    «Veramente lei… cioè tu… stavi facendo la valigia.»
    «Giusto, i vestiti di Antonia.»
    Il cursore lampeggiò e si mise a correre. Antonia sorrideva soddisfatta battendo le mani.
    La cartolina, arrivata il giorno prima, parla chiaro. Sei vivo, amore mio. Quando l’ho letta, non ci potevo credere ai miei occhi. Vivo.
    «Che romantica!» ironizzò l’Autore. «E poi sarei io lo scrittore mediocre!»
    A presto. Non vedo l’ora di abbracciarti.
    «Tutto qui? Una lettera d’amore?»
    «Perché? Non ti piace?»
    «È da principianti!»
    Antonia, infastidita, tacque per un istante, poi, all’improvviso, lasciando sconcertato l’Autore, sparì così com’era arrivata: inaspettatamente.
    «E adesso? Forse era meglio andare a dormire….quasi quasi… almeno mi sono liberato di quella mosca fastidiosa!»
    Antonia appoggia la testa sullo schienale e chiude gli occhi, un sorriso sulle labbra carnose dipinte di rosso fuoco. Una voce maschile annuncia l’atterraggio all’aeroporto di Sao Paolo, Guarulhos.
    «Odio viaggiare, non mi sono mai mosso da casa mia. Volare mi terrorizza. Mi basta però girare il vecchio mappamondo per essere dove voglio. Che cosa ci faccio qui, me lo può dire lei, per piacere?»
    Antonia si desta dal suo dolce sognare, manca poco al rincontro con l’uomo che credeva morto, e osserva in silenzio il passeggero accanto a lei. Le sue labbra si distendono rilassate appena lo riconosce.
    «Sta rincorrendo l’ispirazione, non ricorda?»
    «L’ispirazione? Ah, vero, l’avevo persa proprio alla vigilia di Natale. Ma lei, scusi, come fa a saperlo?»
    Una risata allegra. Uno scontro di sguardi.
    «Sono la sua protagonista, non ricorda?»
    L’Autore si gratta il mento. Sbuffa.
    «Antonia?»
    «Lo scrittore mediocre?»
    «Ma è una persecuzione!»
     
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  2. Antonio Borghesi
     
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    Qualche errorino di battuta ma un meta divertente e nel tema. Brava Emy.
     
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    CITAZIONE (Antonio Borghesi @ 1/12/2017, 19:59) 
    Qualche errorino di battuta ma un meta divertente e nel tema. Brava Emy.

    Il decathlon mi ha sfinito, ero molto stanca e ho fatto più errori del solito. Sono contenta che ti sia piaciuto. Grazie Tony :)
     
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2 replies since 27/11/2017, 23:57   40 views
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