Olimpiadi Letterarie

VINCITORI E GIUDIZI

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  1. Salvatore Russotto
     
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    Signore e signori,
    dopo tanta attesa il momento è finalmente giunto di scoprire i vincitori della prima edizione de "LE LUCI DELLA RIBALTA" la gara di sceneggiatura teatrale delle OLIMPIADI LETTERARIE.

    Vado quindi a introdurre l'eletto, la persona alla quale è toccato l'onere e senz'altro l'onore di leggere e giudicare i vostri elaborati, nonché di eleggere i tre migliori tra questi.

    Egli è persona di indubbia cultura e preparazione, e correderà il suo verdetto con un costruttivo giudizio per ogni scritto.

    Cedo la parola a Marco COSTANTINI.
     
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  2. Marco Costantini
     
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    - PREMESSA -


    (aggiornamento editing 22/12, 17:51)



    Essendo un contest e non un appuntamento dal sarto per vedere come sta procedendo "l'abito nuovo", ovviamente non é plausibile nemmeno prendere atto delle solite scuse «l'ho scritto tanto per», «é solo un'operetta di prima fattura», «l'ho fatta nei ritagli di tempo», «é solo un'abbozzo» e così via: questa é una gara di proposte a giudizio.
    É ovvio che siano opere inedite, di prima mano, di autori inesperti ed energicamente protesi verso il futuro; e proprio per questo meritano nella maniera più assoluta tutta la comprensione di un giudizio completamente crudo, aspro, correttivo e soprattutto sinceramente teso a porre in risalto profumi e miasmi, luci e ombre, proprio sotto il giovane naso dell'autore, tanto da fargli sentire il tanfo dell'unghie merdose di Taide(Inferno XVIII).
    La comprensione, nell'educazione, non può passare per buonismo, ipocrisia e malafede; essa deve punire per correggere(quando la situazione lo richiede) e deve promuovere per gratificare il risultato raggiunto: adottando imperativi estetici ben distinti tra la lode e il richiamo, tanto da far comprendere nel modo più semplice e meno traumatico possibile, l'errore commesso tanto quanto il merito della causa vinta.

    Per cui, essendo consci della serietà e dell'impegno profuso dagli autori nelle opere esposte al pubblico, si ha valutato le proposte con altrettanta serietà tenendo solamente una sola condizione di premura a favorire gli autori: si ha premurosamente evitato di escludere a priori le opere che non avessero il cento per cento dei requisiti per poter accedere al giudizio finale; in quanto prive di conformità(seppur in minima parte) ai parametri di protocollo espressamente indicati nel regolamento. Attentamente sono state evitate segnalazioni di refusi ed errori di accenti e apostrofi, strutture grammaticali, declinazioni e ripetizioni: altrimenti un rogo non sarebbe bastato e non per derisione altrui, bensì in onore alla prima edizione.

    E come un abito nuovo, dapprima sacchetto di numeri e poi trasformato prova dopo prova nella seconda anima di chi lo indossa fino a comprovarne l'integrità morale, questa gara di proposte a giudizio da oggi sarà madre e figlia di se stessa; in continua evoluzione.

    Nessun atto di favoritismo é stato elargito; in primo luogo per rispetto di chi, credendo veramente in quello che scriveva, ha profuso tempo, energie e risorse personali nella stesura di quello che per l'autore stesso, é considerato figlio; in secondo luogo perché dovrei essere ancora più spietato se si trattasse di gioco: il gioco é la parte più seria di tutta la nostra vita. E' talmente serio che per gioco si uccide, si ruba, si commettono nefandezze tali che se i peccati per gioco fossero colli, Caronte stesso chiederebbe un supplemento per la traghettata: «Si ma quanti siete? Un fiorino! E centoventi per i bagagli...»

    In ludo est vita.



    Per formazione ellenica classica di "arte ad uso e consumo del volgo", questi sono stati i parametri che hanno tenuto banco nell'espressione del mio giudizio a classifica, sono stati presi in esame:

    ▪ struttura del componimento

    ▪ valenza narrativa

    ▪ capacità espressiva del dialogo

    ▪ congruenza lessicale(inamovibile)

    ▪ sapore finale
    (le valutazioni vanno da SCARSA a MEDIA a ECCELLENTE; ma resta ben inteso che il sapore finale che ne risulta può stravolgere le valutazioni stesse)

    ▪ fruibilità popolare
    (se l'opera é godibile dal solito gotha composto da quattro alieni, che venga usata come dildo preserale a circolo privato)

    ▪ purezza d'azione e non d'intento
    (non su quello che si voleva scrivere, ma su quello che si é scritto, é stato posto il giudizio; con conseguente carico di emozioni suscitate)



    Nota:
    - nel fanciullo voglio vedere amore e odio, passioni selvagge di umana comune follia e alla fine gliele perdonerò tutte; al fanciullo. Sia quindi benvenuto l'orgolio e che il giovane autore possa evitare di conoscere la seducente malia della modestia.
    É troppo giovane per giocare in difesa -






    RIFLESSIONE

    Nel momento in cui l'autore scrive ciò che sarà il tuo testo(prima ancora di darlo in pasto al pubblico, al popolo) deve e non dovrebbe, ma é obbligato a sottostare al giudizio più critico: alla pena di morte o beatificazione.
    Questo assolutismo crea dipendenza per chi ha avuto giorni felici e disarmo, malcontento e diciamolo: ribellione, per chi ha ricevuto a torto o a ragione una critica negativa.

    Questa critica negativa deve essere accettata a prescindere dalla capacità di comprensione dell'imputato-autore perché il giudice non può farsi carico dell'ignoranza dell'imputato(in questo caso autore, quindi ruolo assai peggiore perché se l'imputato sbaglia e paga di persona, l'autore sbaglia per arroganza di portabandiera delle costanti del vivere umano).

    Ed é proprio nel giudizio super partes dei giudici che l'autore dovrebbe ricercare i motivi della sua disfatta, le neccessità del suo atto artistico che, in quanto opera pubblica, pretendono di essere soddisfatte e lo esigono dall'autore stesso; perché non si dovrebbe mai dimenticare che chiunque scriva un'opera e se la tiene nel cassetto ha il sacrosanto diritto di omissione di giudizio da parte altrui, ma nell'istante in cui la sottopone al pubblico, é il pubblico che decide e qualifica l'autore dandogli il permesso di scendere in platea e uscire dal teatro passando tra la folla, invece di tornare indietro e andarsene zitto-zitto da dove é entrato a sipario aperto.

    Questo in teoria e negli insegnamenti di Eduardo.

    É da sottolineare che se da un lato nessuno toglie il diritto di fare come meglio si crede, dall'altro non si può pretendere di ricevere la condiscendenza del pubblico come ringraziamento per aver donato i propri scritti al mondo.
    É infatti il costante riproporsi a giudizio del popolo che rende un'opera di valore classica, civile, morale, educativa, rivoluzionaria.
    Si pensi soltanto a quella classe educativa scolastica di cento anni fa; oggi non troverebbe terreno fertile nelle sue idee e composizioni comportamentali così come l'incitamento alla epurazione umana per una razza superiore di Hitler. Il continuo giudizio del popolo che oggi beatifica e domani rinnega é il commissario più spietato ma forse anche il più giusto; in fin dei conti si scrive per loro e se a loro non piace perché non ci si dovrebbe correggere se si é desiderosi di far cosa grata?
    E da qui parte la diatriba sull'educazione del popolo; che con le librerie piene di merda fa vendere milioni di copie di un tronista a dispetto di un autore che merita. Ma chi merita?
    Nel duemiladiciassette merita il tronista e un DJ che sparano minchiate con il solito caso umano spalmato tra le righe. La mancanza di "adeguata e corretta" educazione del popolo ha portato a dover per forza di cose giudicare "buon lavoro", un copione che sembra uscito da un "Natale in culo al mondo", proprio perché identifica nelle sue righe una porzione di società che, nostro malgrado, dobbiamo accettare; esiste, c'é e che ogni giorno diventa più grande.
    Giudicarlo miserevole? Non é possibile. Perché? Perché la realtà dei fatti, seppure miserevole, va apprezzata tanto quanto la morte.

    Ma c'é morte e morte; e ad essa, s'appiglia il giudizio sopra ogni cosa.









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    *** PRIMO POSTO ***



    GEMELLI DIVERSI



    L'autore dovrebbe essere impalato pubblicamente per aver sputato nel meraviglioso piatto da lui stesso cucinato, impiattato e curato! E l'apostrofo ne gode appieno.

    Il tentativo disastroso di dialettare un romanesco da far bestemmiare il Belli e un napoletano da prendersi un pernacchio da Eduardo, ha rovinato il ritmo nei dialoghi rendendo l'opera la bozza di un concetto.

    L'autore vive il personaggio e si vede; lo interpreta e si camuffa ora da uomo ora da donna ora cane ora da albero.

    La mancata autocensura nella parolaccia rendendola godibile al posto giusto al momento giusto ne aumenta il valore.

    L'opera ha la parvenza di un adattamento o riproposizione di uno spettacolo gia visto precedentemente dall'autore, soprattutto in chiusura. Sarebbe interessante chiarire questo aspetto in quanto l'emulo a ricasco che s'affaccia sul vernacoliere, dovrebbe conoscere l'aspro odor dei tini per "distinzione" da quello dei fiori di pesco.

    L'adattamento vernacolare di un romanesco(d'emule memoria) pone tale opera ai confini del contest. Avrebbe potuto vincere per knock out secco alla prima ripresa ma per inadeguata(assolutamente non richiesta) riproposizione dialettale non merita nemmeno un terzo posto in quanto opera e dialetto devono essere contemporanee.

    Laddove si ometta la contemporaneità dialettale, siano benvenuti: acciderbolina, poffarbacco, sacripante e tutte le esclamazioni socialmente dichiarate nel quotidiano del sottobosco culturale italiano di fine ottocento.

    p.s.
    sia inteso che il dialetto scritto deve essere quanto più rappresentante ed emulo della sua madre parlata. Del dialettare un lemma di comune accordo riguardo il dare dell'omosessuale ad un altro personaggio in una semplice farsa dai toni sopra le righe e dei suoi accenti:




    - napoletano: «né ma fuss nu-poc ricchiòn»

    - romanesco: «anvedi che fro§cione» (§ non é un refuso)

    - fiorentino: «l'é un pò buho vìa»

    - milanese: «tel chì el culatùn»

    - romagnolo: «che-sei un busòne ecco che sei»



    CONCLUSIONE
    Ritmo narrativo da Marino Girolami. La semplice e godibile esposizione dei fatti vale gia di per se una mezza risata di Pulcinella. Opera da escludere dal contest per superiorità collaterale strutturale evidente e per necessità di interprete culturale.

    Caratterizzazione personaggi : Eccellente
    Sviluppo trama : Media
    Dialoghi : (da gogna)
    Tempo narrativo suggerito : Eccellente
    Sapore finale : VITTORIA AI PUNTI + GOGNA PER ESPOSIZIONE DIALETTALE VERGOGNOSA
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    *** SECONDO POSTO ***



    CARMELA



    L'evidente l'assenza di un dialoghista di professione sgambetta la lettura ogni due righe; eppure ogni due righe si rialza e ricomincia la marcia. Scrittura d'eccezione che dandosi la zappa sui piedi da sola, ogni volta si rialza scoppiettante come prima.

    Mortale la mancanza di caratterizzazione dei personaggi: un giorno di gogna tra sputi e pomodorate per ogni interlinea omessa nella trascrizione della propria versione dell'opera.

    L'autore si da il K.O. nel'ultima parte dell'atto con un finale talmente lontato dai preamboli postulati precedentemente da irritire non poco; non ci si aspettava niente altro che il mantenimento delle promesse dichiarate all'inizio: se andiamo a vedere "Pierino" vogliamo "Pierino" dall'inizio alla fine senza virare su "Fiori d'acciaio".

    L'opera ha tradito il pubblico.



    CONCLUSIONE
    L'opera ha tradito il suo pubblico sul finale: non ha avuto il coraggio di essere fedele a se stessa. - Il vigliacco muore tradendo mentre il buono risparmia la vita al cattivo di turno che puntualmente tornerà a vendicarsi. - Qui invece il vigliacco compie gesta d'inenarrabile eroismo mentre il buono buca i profilattici, per diletto, della farmacia che il cattivo ha aperto(per bontà d'animo) a Carlo Verdone dopo aver visto Manuale d'amore.

    Caratterizzazione personaggi : Scarsa
    Sviluppo trama : Scarsa
    Dialoghi : Eccellente(con riserva)
    Tempo narrativo suggerito : Eccellente
    Sapore finale : UN'OPERA SCRITTA A DUE CERVELLI COMPLETAMENTE DIVERSI L'UNO DALL'ALTRO
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    *** TERZO POSTO ***



    CHE DUE



    Immaturità narrativa non riesce del tutto a edulcorare la risata vanziniana.

    Lessico gergale troppo ristretto che cerca di darsi un tono ogni tanto virando di tanti gradi quanti sono gli scalini di Palazzo Venezia.

    I personaggi mancano di carattere personale, mancano di vita, mancano di passato, mancano di futuro; hanno solo un presente senza testicoli(per essere chiari). Decisamente da prendere a randellate sulle dita l'autore per questa manchevolezza in quanto per un componimento che riesce a generare una risata di quel tipo, con gli accenti al posto giusto e le ombre scultrici di Leonardo, non poteva non costruire meglio la sottostruttura dei punti chiave di interconnessione tra i personaggi.

    Completamente mancante l'intersezione miologica tra le azioni e gli intenti nei momenti cruciali.

    L'uso della stessa maschera per uomi, donne, cani, uccelli, alberi, raggi laser e meganoidi, rende i dialoghi un polpettone talmente raggrumato di monosillabi da risultare atonico. L'uso dei limiti per cavillare sui propri errori conferma ulteriormente le regole.
    Se Thomas Milian domandasse «Ma come parlano 'sti personaggi?» subito Franco Lechner risponderebbe un secco «a cazzo de cane a-ispettò!».

    Un autore immaturo da coltivare come un buon seme. E nell'immaturità c'é tutto il futuro che si desidera perché ha tutto il tempo di maturare in modo sano e soprattutto in modo proprio.



    CONCLUSIONE
    Questa fotografia fa ridere. Mi ha fatto ridere. Fa ridere e la risata deve essere preparata, coltivata, trascinata verso la riva e tirata su al momento giusto ma solo se lo spettatore é predisposto ad essa.

    Caratterizzazione personaggi : Scarsa
    Sviluppo trama : Eccellente(con riserva)
    Dialoghi : Media
    Tempo narrativo suggerito : Eccellente(con riserva)
    Sapore finale : TERZO POSTO IMMERITATO, MA NON ERANO PREVISTI DOPPI SECONDI POSTI
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    *** NON CLASSIFICATO ***



    ROCCO E I SUOI



    Riferimenti e metafore altisonanti, estemporanei, pretenziosi e inquinanti.

    Fronzoli spudoratamente superflui, macchie d'inchiostro retoriche e altalenanti incongruenze, non riescono a nascondere comunque un ritmo di fondo fottutamente sano e naturale che é alla base di una buona commedia: pungente, vera, cruda e velata al tempo stesso. Ottimo esempio di come riuscendo a a distrastrare linguisticamente un'opera, non se ne intacca più di tanto il ritmo se questo é stato ben scandito; a questo punto c'é da chiedersi se tradurlo in un gramellot radical-chic non sia una via d'uscita rapida e indolore.

    Autocensura devastante come il colera. Spezzare la parola senza chiederle il permesso é come ricostruire le braccia alla Nike di Samotracia: una bestemmia in faccia a cristo mentre con la croce in spalla gli si urla addosso «E muovi il culo merdaccia!»

    E qui lo strafare annacqua il pepe della vicenda; infatti i personaggi ne risentono mancando di carattere personale e sembrano vino allungato di un oste furbone.

    L'uso della punteggiatura non é un dogma: ma una linea guida che danzando insieme alla vicenda, danno vita al tempo narrativo sostenuto dai dialoghi. Se la pausa sta alla musica così come l'ombra sta alla scultura, la virgola non deve essere una gang bang contro un pensiero. Un certo Talleyrand se ne uscì con un «Non troppo zelo.» ...in fondo la Francia é vicina.

    Perché strafare?



    CONCLUSIONE
    L'approccio tecnico teatrale é evidente: si capisce che l'autore é avvezzo all'uso del rastrello(A.Sordi - cioé: é evidente una certa dimestichezza di prosa in fondo), ma lo é anche il cumulo di piccole gemmme preziose che, accostate "alla Aldo Fabrizi", fanno purtroppo la fine del pesce marcio in barile.

    Caratterizzazione personaggi : Scarsa
    Sviluppo trama : Media(con riserva)
    Dialoghi : Scarsa
    Tempo narrativo suggerito : Eccellente(con riserva)
    Sapore finale : UN BUON BRODO DI GALLINA E ODORI GIUSTI ALLUNGATO COL DADO "STAR" E SERVITO SU PIATTI PIANI PER BELLA FIGURA
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    *** NON CLASSIFICATO ***



    LE VOCI DI FUORI



    Quando potei ammirare quell'opera(alla quale il titolo fa riferimento) per la prima volta, la prima impressione fù esattamente quella di dire: «ecco é vero, la gente parla a vanvera senza sapere». Banalmente, semplicisticamente, fù un sentore troppo superficiale; troppo. Come ogni opera teatrale(e non solo) le letture possono si essere di molteplici interpretazioni; ma se non ci si può soffermare sulla superficie del problema figuriamoci sulla causa stessa che lo ha generato; e questo testo «poco ciazzecca»(direbbe Peppino) con l'opera del fratello "Le voci di dentro".

    Qui stiamo parlando di un dialogato che andrebbe bene per Canale5(e non solo) in "quei" suoi pomeriggi fatti del buon salotto perbenista che tutto perdona nell'erba del vicino per mostrarsi migliore degli altri, portando avanti discorsi evoluzionisti dell'ultimora condannando la bestemmia - apostrofare la divinità del proprio credo con appellativi spregevoli - e insinuando il perdono per lo stragista di Falcone perché in fin dei conti: «siamo esseri umani». Quindi se da un lato aborro completamente quel modo di fare televisione, dall'altro non é possibile non considerare gli aspetti(tecnico-artistici) con i quali quel modus operandi é stato adottato. - funziona e anche bene perché é fatto bene -

    - Quindi: vogliamo fare quel tipo di televisione? D'accordo, ma facciamola bene, cioè secondo i suoi canoni -

    Ed é quello il metro di paragone che subito salta agli occhi leggendo l'opera in questione ed é giusto che sia paragonata a quel prodotto, predendolo come punto di riferimento.

    In un discorso di fine anno, Oscar Luigi Scalfaro pronunciò tante belle parole, al cui termine con un mistico intervento quasi pasoliniano, Barbara Alberti eiaculò in diretta un: «il nulla...!» facendo restare di sasso la povera intervistatrice che non se l'aspettava proprio. Ma fù l'unica. Tutti gli altri mostrarono interesse elargendo complimenti e riflessioni sulle parole dell'allora Presidente. - quella donna diede alito al mio penserio di telespettatore -

    Quando in un banchetto di dolci a crema pasticcera, in mezzo trovi una bruschetta, la prima impressione non é la politicante: «Oh ma che bella», «Oh é buona anche quella», «Oh si ti apre lo stomaco», «Oh che stuzzicosa!» No!
    L'unica cosa che veramente salta subito in mente al pubblico é: «Ma che ci fa li?»

    Evidente concetto di fondo di buona fattura(l'idea é valida) ma di inadeguato sviluppo, ha contribuito a evirare tale opera dal podio dei primi tre fino a farle perdere addirittura il primo posto per FRUIBILITÁ POPOLARE.

    Sviluppo trama, caratterizzazione personaggi e ritmo maledettamente carenti rispetto ai dialoghi. Ed é proprio la mancanza di armonia alchemica tra gli elementi a distruggere anche l'ingrediente più curato, raccolto con attenzione, pulito con cura, preparato minuziosamete(e si vede) e decotto con amore.

    Ma come nei tormentoni estivi che non hanno oltre i tre mesi di vita, qui abbiamo un altrettanto tormentone però mal riuscito; perchè s'é curato bene il ritmo e la durata dell'inciso ma non dell'incipit o degli intercalare; la tonalità é sbagliata, la durata totale anche, la copertina pure, e così via. Nel discorso d'armonia musicale tra mente, cuore e pancia, il basso ha un preciso ruolo oltre il quale sarebbe "poco gradito"(ai puristi della materia) andare. Esso non può sostituire il fraseggio dellla chitarra ritmica che non dovrebbe prendere il posto della solista se non si hanno eseguito precise manovre armoniche battute e battute prima. E qui ritorna il solito discorso amato-odiato del: «artista io son e quel che mi pare io faccio».

    «Se vogliamo salire, prima dobbiamo scendere»(sentenziava a ragione P.Salvucci).

    Siamo di fronte a un buon prodotto, valido per un settore ben specifico, con un pubblico di riferimento ben identificato e prontamente capace di accogliere subito l'opera con un forte applauso; ma durerà poco. Perché alla prima pausa, guarderanno lo smartphone per controllare chi ha vibrato prima su Facebook.
    Quel tipo di pubblico é feroce: va preso per le corna e anche con il suo permesso perché(anche se di palato non raffinato) sa distinguere quanto arrosto c'è sul fuoco non di certo dal fumo.

    Buono il tempo filmico; in quanto l'autore denota la coscienza di un tempo interno l'opera stessa, dal quale tende la mano allo spettatore.





    CONCLUSIONE
    Ottima l'impronta "contenitore-pomeridiano" che la mette di pari valenza artistica al primo posto per godibilità, in armonia con una vastissima fascia di utenza. L'uso di questo tipo di dialoghi riesce a far passare inosservata la carenza degli altri punti strutturali e non solo: l'armonia tra dialogo e tempo-scenico(suggerito) la colloca come vincente al PRIMO POSTO nel contest a pari merito con GEMELLI DIVERSI ma solo per un istante; perché solo col dialogo non si percorre molta strada.

    Caratterizzazione personaggi : Scarsa
    Sviluppo trama : Scarsa
    Dialoghi : Eccellente(con riserva)
    Tempo narrativo suggerito : Scarsa
    Sapore finale : IL RITORNO DI UNA MEZZA "MARLBORO" ROSSA SPENTA E RIACCESA, DOPO ANNI DI "DIANA" ROSSE; SI GODE MALE E CI SI RICORDA SUBITO CHE IL -FUMO- NUOCE GRAVEMENTE ALLA SALUTE
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    *** NON CLASSIFICATO ***



    E ZAC



    Buonista e opportunista, un solfeggio solenne di sussurri e pentimenti, di buone azioni e radical-chic d'oltremanica che spinge veramente al limite quello che era stato il componimento originale al quale ispirarsi(una linea guida non dev'essere presa a mò di dogma di comportamento, ma nemmeno come consiglio spassionato di un passante buontempone).

    Perbenismo spicciolo degno della bocca di una protagonista di "Uomini e donne" dove l'insegnamento recitava: «Maria, io perdono ma non dimentico»

    nota
    - forse la persona in questione vuole intendere che il suo comportamento non cambierà nei confronti di una terza malandrina; però ogni qualvolta la vedrà non potrà far a meno di ricordare la boiata che ha commesso; quindi vorrebbe insinuare una propria superiorità di gestione emotiva o addirittura la capacità di distacco emotivo dal torto subito e abolizione totale del confronto empatico: in pratica una caratteristica tipica dei serial killer -

    Parente stretto di un "indignato speciale"(nipote e genio di ogni famiglia) che conduce la disputa(tra le zie represse) a chi si scandalizza di più nel sentire le amene oscenità della società moderna. Le stesse zie(ancora non dispensatrici di buoni consigli) di Mario Imperioli; dopotutto.

    Come per LE VOCI DI FUORI, abbiamo un prodotto adeguato ad una fascia di pubblico ben definita con gli stessi crismi descritti nel giudizio precedente.

    Il contenuto dei dialoghi é talmente ipocrita da essere quasi esempio d'astrattismo inverso(cioé oggettivando ogni cosa per cio che é, al fine di eludere ogni forma di giudizio che non sia meteorismo del buonsenso nazional-popolare), nullità d'intenti, nichilismo maschile contrapposto a balletti d'isteria fallica(quel fallo evirato dai mass media in onore della moltiplicazione dei settori di mercato) sono tutto quello che rimane in bocca dei dialoghi e del comportamento del protagonista dopo aver letto quest'opera. Irritante.

    Il motivo di questo "sapore" é dato proprio dall'impostazione romantica(questo io proiettato verso l'infinito) che l'autore ha riversato al concepimento di un protagonista che, in chiave anti-fantozzi, s'aggira per il globo filosofeggiando e cicchettando. In questo componimento c'é il saggio che risponde in faccia a tutto il mondo sentenziando la quotidiana stronzaggine umana(non esiste sinonimo adeguatamente capace di evocare immagini d'altrettanta potenza corale, in questo contesto) con espressioni e fraseggi ricchi di variopinti nastri colorati e pacchi ben confezionati ma di vacuo contenuto, peggio Montemagno-Monty nei suoi consigliometri su Youtube.

    L'autore dovrebbe essere lodato solo per questo motivo: per la capacità d'aver riproposto un personaggio(comunque zoppicante, malcurato e deforme) di sottile caratura: disdicevole, melensa, squallida, bieca, repellente: eppure eccellente(rispetto sempre ai rivali). Ma se gli autori hanno il diritto di pubblicare cosa meglio credono con la destra, essi hanno anche il dovere (morale, etico e civile) di rispettare e perseguire una corretta educazione del Popolo con la mancina. Qui abbiamo pentole col coperchio, botti piene e mogli ubriache. No, non si può lasciare un diabetico in balia di una torta di quaranta chili senza nemmeno fargli un'insulina e ricordargli che sta per lasciarci le penne; almeno per decenza.

    Purtroppo il solo tentativo di riproposizione di una maschera(costante del vivere umano) non è stato sufficiente per gareggiare in questo contesto.





    CONCLUSIONE
    Nel contensto della gara, in questa opera le linee guida sono state brillantemente aggirate a favore del manifestarsi di una irritante mescolanza di buonismo e ruffianeria verso il pubblico. Eccezionale la serpeggiante lingua dispensatrice di prediche domenicali. Bisognerebbe interrogarsi sulla volontà e sul livello di coscienza dell'autore nell'aver riproposto questa affascinante "maschera" umana tra i suoi scritti. Se fossero stati curati meglio gli altri aspetti dell'opera, avrebbe di certo raggiunto il podio.

    Caratterizzazione personaggi : Scarsa
    Sviluppo trama : Scarsa
    Dialoghi : Eccellente(con riserva)
    Tempo narrativo suggerito : (da gogna)
    Sapore finale : ADEGUATO PER UN ABOMINEVOLE E CASTRANTE "C'É POSTA PER TE" TEATRALE, AVREBBE ANCHE SUCCESSO
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    *** NON CLASSIFICATO ***



    TAGLIO NETTO



    Descrizioni da cartella clinica dialogate alla Amy Farrah Fowler("The Big Bang Theory") ferocemente buttate nella fanga per mancanza di una minima caratterizzazione dei personaggi. Considerando poi che quando si ha tentato di enunciarli, il risultato é sentore di minestrone; una pizza ai peperoni al profumo di Nutella, dal sapore di wasabi e morbida come una crème-caramel. Come nella programmazione di basso livello, la variabile va prima dichiarata, poi inizializzata e infine utilizzata(considerando di evitare accuratamente il memory-leak ordinando le variabili in base alla dimensione della zona di memoria richiesta.)

    nota
    - mettere in bocca a un personaggio: «porca paletta!» e «merda!» nella stessa circostanza-scena-momento-istante, senza adeguata preparazione, equivale a impiattare nello stesso piatto(allitterazione voluta: così soffriamo un pò che male non fa) una carbonara vegana con degli arrosticini abruzzesi... Vogliamo vedervi sputare seitan fino al duemilacentoventotto. -

    La riproposizione di un tempo scenico talmente altalenante da catapultare il lettore(e si presuppone il presunto spettatore) nel bel mezzo di una città nell'anno tremilauno con tanto di monologo sul: «Dove sono? Ma che ci faccio qui? Perché? Ma dove, come quando? Bla bla, su e giu bla bla porca paletta, bla bla bla merda bla!»

    Sembra di assistere a un episodio di una serie nel quale non c'è bisogno di presentare niente e nessuno. I termini gergali dei dialoghi hanno appartenenze a un lessico tutto loro, del quale insieme fanno parte sia poffarbacco che cazzone che evirare che sucaminchia che sciocchino.

    Il risultato di una peristalsi intestinale spalmato con quella Nutella sopra citata. C'é chi vede l'armonia di colore, chi vomita per la deiezione e chi si lascia trasportare dal profumo di cioccolata ripieno di grassi saturi. L'autore camuffa riflessioni inter-narrative in dialoghi spiccioli di botta e risposta tra un falso Brighella(maschera popolare bergamasca, qui snaturato e ridicolizzato) e un infantile moralismo popolare al quale tutti s'appellano quando vogliono avere ragione a tutti i costi.

    E di botto arriva il finale, senza capo nè coda, tra capo e collo come Equitalia con una multa di dodici mesi prima(quando non ricordi nemmeno che hai mangiato ieri); quasi a sottolineare la repentina chiusura della scrittura dell'opera . Perché l'autore ha chiuso così in fretta il testo? Non ci interessa saperlo, a noi interessa solo ciò che ha scritto e non quello che avrebbe voluto o potuto fare(magari se avesse avuto più tempo direbbe Crono). E quello che risulta alla fine é un'opera incompleta.

    Vogliamo leggere le piccole delicate perle di rossore, delle quali l'autore s'adorna, prima di sentirlo rantolare tra spasmi di dolore in una vergine di norimberga che non gli appartiene.





    CONCLUSIONE
    Male, molto male. L'evidente freschezza dell'autore é stata infangata da un'impronta narrativa che non gli appartiene in questa istanza. Di fondo abbiamo una timbrica quasi romantica e delicata, completamente mediocrizzata dalla doverosa scrittura(quasi forzata) di un argomento, una circostanza e dei modi, completamente estranei all'istante artistico che l'autore viveva in quel periodo. L'autore sfoggia romanticismo e delicatezza tra le ammucchiate selvagge imposte dalla società: sa dimenarsi bene e reagisce al momento opportuno, ma é ben lungi dall'essere un/una nuovo/a pornostar. In ultimo, omissis per l'analisi della "sessualità" espressa contenuta nell'opera. Gli scritti evidenziano delicatezza d'animo e rozzezza di penna dell'autore.

    Caratterizzazione personaggi : Scarsa
    Sviluppo trama : (da gogna)
    Dialoghi : Scarsa
    Tempo narrativo suggerito : (da gogna)
    Sapore finale : IERI SERA SIAMO ANDATI AL -GIAPPONESE-: OTTIMA LA CARBONARA DI SUZUKI E DELICATISSIMA LA SCHIACCIATINA DI FUKUOKA
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    *** L'ULTIMA OPERA ***



    (verrà schedata a giorni)



    Edited by Marco Costantini - 12/23/2017, 04:07 AM
     
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  3. MyaMcKenzie
     
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    Ammazza che premesse... intuisco che abbiamo scritto degli obbrobri.

    Mi sembra di aver letto tra le righe anche una sorta di amarezza per quelle battutine del tipo
    "l'ho scritto tanto per", "é solo un'operetta di prima fattura", "l'ho fatta nei ritagli di tempo", "é solo un'abbozzo" e così via

    Poiché sono colpevole di aver messo le mani avanti, assicuro che nel mio caso ( ma sono convinta sia così anche per gli altri) è stato dato l'impegno massimo possibile.
    Le mie note non sono state messe per influenzare i giudici, ci mancherebbe altro, ma per scusarmi con voi di ciò che può essere uscito e che molto probabilmente non era all'altezza delle vostre aspettative. Non avevo mai scritto sceneggiature prima e ho partecipato soprattutto per capire quali sono i miei limiti, capire se c'è la possibilità di avere un margine di miglioramento o se è il caso che io veleggi verso altri lidi.

    Perciò ogni giudizio sincero sarà accettato a braccia aperte.
    Per cui, grazie in anticipo.

    CITAZIONE (Marco Costantini @ 11/12/2017, 18:20) 
    Un autore immaturo da coltivare come un buon seme. E nell'immaturità c'é tutto il futuro che si desidera perché ha tutto il tempo di maturare in modo sano e soprattutto in modo proprio.

    Io ringrazio infinitamente, ma non ho capito una mazza.
    La citazione qui sopra è tutto ciò che ho compreso, ma non ho capito dove ho cannato e come posso migliorare.
    Parli troppo difficile per una creatura della terra semplice come me.
    I need translation, please...

    Scherzi a parte, immagino tu non abbia tempo per approfondimenti, però mi piacerebbe davvero capire cosa manca.
    La storia delle maschere, del lessico gergale troppo ristretto, la storia che i personaggi mancano di carattere personale, mancano di vita, mancano di passato, mancano di futuro... ecco mi piacerebbe capire come migliorare.

    Vado a leggermi il brano vincitore che mi pare abbia personaggi molto più definiti e cerco di capire.
    Se poi vorrai, sono qua.
    Grazie


    *********
    Ok, sull'ultimo punto forse ci sono. Ho letto il brano di dalcapa e credo di aver capito cosa intendevi.
    Dovevo farli vivere un po' più sulla scena e magari dare qualche dettaglio della loro vita, qualche abitudine, qualche flash. Giusto?
    Ora mi attrezzo per capire gli altri punti.

    Edited by MyaMcKenzie - 11/12/2017, 22:09
     
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  4. liliana tuozzo
     
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    Grazie infinite per il giudizio del nostro giudice. In realtà alcune cose mi sfuggono, rileggerlo domani a mente fresca, per adesso mi godo questo secondo posto per la mia Carmela che ringrazia.
     
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  5. Achillu
     
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    Un applauso a tutti e sono felice per Carmela, la mia sceneggiatura preferita :) Senza nulla togliere agli altri.
     
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  6. dalcapa
     
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    Eccomè...! è chessò propprio contento de stò ricconoscimmento... namooo...
    O detto come si parla da me... Pota, al so prope cuntent d'es ariàt uno!

    Insomma... con il dialetto sono comunque un disastro... ma a parte questo grazie al giudice e al suo giudizio assolutamente unico...!
    :emoticons%20hobbies:
     
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  7. Salvatore Russotto
     
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    Complimenti ai vincitori, appena avrò tempo per farlo caricherò anche i miei commenti (anche se dopo quelli di Marco sembreranno nulla di che :D )
     
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  8. caipiroska
     
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    Complimenti a tutti i vincitori!!!

    E complimenti anche al giudice per i preziosi consigli che ha elargito!
     
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  9. Befana Profana
     
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    Premetto, onde evitare involontarie polemiche, che la classifica mi aggrada assai e non ho recriminazioni alcune.
    Giusto per disquisire sui termini: accetto le accuse di « perbenismo, buonismo, moralismo, radical-chic » e quant’altro. Anzi, per continuare sui luoghi comuni avresti anche potuto tacciare il mio testo di fanatismo da politically correct e di catto-comunismo, che ci stanno sempre bene. Accetto tranquillamente il tempo narrativo catastrofico, anche se ammetto che avrei preferito ricevere dei dettagli in merito per comprendere. Accetto oltresì i paragoni con gli obbrobri della DeFilippi di cui non ho mai visto un fotogramma, ma tant’è, se ci trovi somiglianze, chi sono io per negartele.
    Quindi, accetto tutto, ma se dobbiamo essere sinceri e onesti, le accuse di « opportunismo e ruffianeria » le rifiuto in toto. (Mi verrebbe da scrivere « lo vai a dire a... » ma resto cortese)
    Sono due atteggiamenti che non mi appartengono nella vita e sicuramente non in scrittura. Sono moralista e buonista? Probabile. Ma mai mi sono sognata di scrivere pensando a quello che la gente vorrebbe leggere. Se ho traviato il soggetto, lo riconosco appieno, è semplicemente perché l’umorismo da film dei Vanzina e le gag omofobe mi sono estranei e oltremodo invisi. In nessun modo l’ho fatto per attirarmi le grazie di chissà quale pubblico. Che il mio testo faccia schifo, l’accetto senza problema alcuno, che abbia intenti e mire opportuniste, piaggiatrici o ruffiane lo rifiuto e respingo nel modo più assoluto.
    Saluto con rispetto e un inchino ossequioso
     
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    complicatrice

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    aliena decisamente

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    A volte viene da chiedersi il senso di mettersi alla ricerca di giurie competenti ed esterne per le gare di OL, quando si potrebbe organizzare il tutto facendo agire da giudici gli stessi concorrenti. Al confronto sarebbe un'operazione di tutto relax, certo non verrebbe messo in gioco nulla di nuovo, non ci sarebbero visioni unitarie nel confronto degli elaborati, né pareri competenti in materia o semplicemente prospettive esterne alla gara stessa.
    Alle OL il momento dei giudizi con un esterno dovrebbe essere una sorta di valore aggiunto, un regalo, un premio, specie quando i giudizi consistono in elaborazioni e analisi come questi di Marco per Luci della ribalta.
    Non dovrebbe essere necessario ricordare qui che tali giudizi sono focalizzati sulle opere in gara, sulla loro struttura, sull'analisi accurata della resa dei vari componenti. Chi giudica analizza quelle aree e non certo gli autori.
    Quindi è sbagliato spostare la questione su piani personali e sentirsi offesi o peggio feriti da considerazioni che si riferivano al pezzo e non a chi l'ha scritto.
    E' un tipo di valutazione che vuole evidenziare i punti di forza e debolezza del testo, e sono sempre sottolineati entrambi gli aspetti, mi sembra. Ci sono batoste e complimenti nel pacchetto insomma.

    Fare interventi da moderatore mi piace davvero poco, ma qui sembra che i toni si stiano accendendo più del dovuto e questo mi spinge a precisare la faccenda. Quindi cerchiamo di capirci e soprattutto di leggerci senza paraocchi, pregiudizi e preconcetti e restiamo nel puro ambito delle storie che sono in gara.
    Vi invito dunque a pucciose coesistenze e confronti.
     
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